AVELLINO- I giudici del Tribunale del Riesame (Dodicesima sezione) hanno rigettato l’istanza di annullamento della misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Avellino nei confronti di Danilo Porcile, uno dei quattro indagati per la maxitruffa da un miliardo e mezzo sui crediti di imposta generati da Ecobonus per lavori mai realizzati.
Si tratta dell’operazione eseguita dai militari del Gruppo di Avellino delle Fiamme Gialle, agli ordini del maggiore Silverio Papis e del Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli, i militari del Nucleo Tutela Entrate che ha portato alla notifica di quattordici misure cautelari firmate dal Gip del Tribunale di Avellino Antonio Sicuranza
Porcile, difeso dal penalista Marino Capone, è ritenuto dagli inquirenti al vertice dell’organizzazione che avrebbe venduto crediti d’imposta fittizi in tutta Italia. Le accuse vanno a vario titolo dall’associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e autoriciclaggio e riciclaggio.
Quella contestata dalle indagini di Guardia di Finanza e Procura di Avellino e’ un’associazione dedita alla commercializzazione di crediti fittiziamente generati tramite “prestanome” a cui venivano intestate le ditte e le societa’ sui conti correnti delle quali venivano accreditati i soldi illecitamente ottenuti grazie ai crediti maturati per l’ecobonus. Due campani al vertice del presunto sodalizio, un residente a Milano ma originario di Casoria, M. R. classe 65 e un avellinese, D.P, classe 89, gia’ coinvolto in altre inchieste per truffa. Associazione che avrebbe avuto anche la partecipazione di “colletti bianchi”, un avvocato campano da anni trasferito all’estero, un broker residente a Milano e un commercialista di origini pugliesi.
Centosei indagati, di cui quattordici irpini (quattro residenti ad Atripalda, Grottolella, due Nusco, Solofra, quattro ad Avellino, San Mango sul Calore, Manocalzati) per tredici capi di imputazione, che vanno da quello più grave, contestato a trentuno indagati, ovvero l’ipotesi di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche , riciclaggio e autoriciclaggio, indebita compensazione ed evasione fiscale ai reati fine a partire dalla truffa per il conseguimento di erogazioni pubbliche e alla indebita compensazione legata all’acquisto di crediti.
l meccanismo, ideato anche grazie al coinvolgimento di professionisti, ha consentito di “originare un importo di spesa sostenuta pari a 2,7 miliardi, da cui sono stati generati crediti fittizi di 1,65 miliardi e contestualmente crediti ceduti, per un importo pari a 90 milioni, con successiva ulteriore cessione ad altri numerosi soggetti giuridici e persone fisiche, che li utilizzavano per compensare i propri debiti fiscali per un ammontare complessivo pari a 17 milioni e mezzo”.
Al termine della prima fase delle indagini, per bloccare i crediti fittizi ancora presenti sui diversi cassetti fiscali e in attesa di essere monetizzati o compensati, il 22 marzo 2023 è stato eseguito un primo sequestro preventivo d’urgenza, successivamente convalidato dal giudice delle indagini preliminari di Avellino.
Gli ulteriori sviluppi investigativi, grazie al sequestro e all’analisi dei dispositivi informatici, hanno consentito di tracciare chiaramente il ‘modus operandi’ utilizzato per la commissione dei reati, con l’individuazione di nuove condotte a carico di altri indagati e l’emissione di un secondo decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal Gip di Avellino il 23 settembre scorso, per la somma di 13,7 milioni, importi trasferiti su conti correnti italiani ed esteri. Somme per cui il 22 ottobre scorso è stato notificato un sequestro da parte dei militari delle Fiamme Gialle di Napoli e del Gruppo di Avellino, dopo che la Procura aveva ottenuto un decreto di sequestro per equivalente. Tre collegi in diversa composizione del Tribunale del Riesame per le misure reali di Avellino, avevano annullato gran parte dei sequestri per indebita compensazione e uno per riciclaggio. I difensori degli indagati sono pronti ad impugnare davanti al riesame le misure cautelari.



