Appena presentate le liste dei candidati per l’elezione del presidente della giunta e del rinnovo del Consiglio regionale mi sono fiondato sul lungo elenco dei nomi, alla ricerca di qualche novità che potesse consegnarmi un minimo di speranza per il futuro dell’ente al suo cinquantesimo compleanno. Sono rimasto sbalordito. E’ come se il tempo si fosse fermato a dieci anni fa, quando Stefano Caldoro e Vincenzo De Luca scesero in campo per aggiudicarsi la vittoria. Cinque anni dopo, nel 2015, si aggiunse la candidatura di Valeria Ciarambino per il M5s che, all’insegna della “rivoluzione antisistema”, sfidò i due contendenti. Ora c’è ancora lei, ma profondamente inserita nel sistema. In questi dieci anni, pur nell’alternarsi della gestione del potere, la Campania non ha fatto passi in avanti. La programmazione che era il punto di attacco del regionalismo è stata tradita. Il solo riferimento a un piano di assetto territoriale furono le cosiddette “opzioni Cascetta” che, però, vennero riassorbite dalla gestione, quasi sempre clientelare della “classe dirigente” politica dell’ente. In verità un tentativo di impulso al regionalismo, come elaborazione politica, fu immaginata nel tempo della segreteria nazionale della Dc di De Mita, che affiancato dal giurista eccellente Giannini, aveva immaginato un laboratorio di alcune centinaia di cervelli pensanti, capaci di attivare un ruolo nobile del regionalismo. Non se ne fece nulla perché in quella occasione prevalsero le motivazioni finanziarie poste da Ugo La Malfa e il disegno fu accantonato. Fu così che la Regione divenne il portone di ingresso per tanti faccendieri della politica, portaborse e amici degli amici che tarparono le ali ad ogni progetto di innovazione. Oggi quel passato potrebbe illuminare il futuro. Facendo in modo che il vuoto di novità rappresentato dalle candidature replicate possa essere colmato da un disegno strategico utile a nobilitare il nuovo ruolo dell’ente.
di Gianni Festa