Pietro Grasso è uomo delle istituzioni esemplare, magistrato, ex procuratore nazionale antimafia, senatore, presidente d’Aula. E’ stato leader del movimento politico Liberi e Uguali, partito da lui fondato. Il suo impegno per la legalità, per la lotta a Cosa nostra, ha segnato tutta la sua vita, da quando da ragazzo ha visto con i suoi occhi che cos’è la mafia, “immagini di cadaveri per terra in una pozza di sangue”… “Avevo dodici anni. La cosa terribile – racconta – era il non capire il perché avveniva tutta questa violenza e, quindi, questa spinta a cercare di capire mi ha poi portato verso questa professione”. Da magistrato e da politico, Grasso dimostra da sempre un’etica fisiologica, innata e intransigente, e una chiara e incrollabile considerazione del compito cruciale che si assume chi si mette sempre e comunque dalla parte della giustizia.
Senatore, la riforma della giustizia indebolisce la magistratura?
Porto una testimonianza personale: la mia professionalità si è arricchita proprio nel momento in cui, dopo aver svolto il ruolo di giudice, sono passato a quello di pubblico ministero. Questo passaggio mi ha permesso di comprendere quanto sia fondamentale che i criteri di valutazione della prova siano alla base delle azioni anche dal pubblico ministero. Perché è necessario che il pubblico ministero prepari il suo lavoro in modo tale che le prove possano resistere al controllo della difesa e del giudice.
Nel film, “Iddu, l’ultimo padrino”, nelle sale in queste settimane si racconta la storia di Matteo Messina Denaro, della sua latitanza comoda, come se lo Stato l’avesse quasi consentita. Sarebbe gravissimo.
Molti dicono che è stata una latitanza comoda. Ma come si può definire comoda una latitanza del genere? Da quanto è stato possibile ricostruire, si è trattato di una vita vissuta nell’ombra, costantemente in fuga. Non si trattava certo di una “latitanza comoda” o di qualche avventura gloriosa, ma di un’esistenza miserabile. Il boss si nascondeva come un topo. Non c’è nulla di comodo o romantico in una vita del genere.
La mafia nel tempo è cambiata? E come?
La differenza principale con la mafia dei tempi del maxiprocesso sta nel fatto che quella di oggi è silente, si nasconde molto bene, ha mutato volto per adattarsi all’evoluzione della società. Utilizza molto di più la tecnologia, si nasconde dietro le criptovalute, sfrutta comunicazioni crittografate e server inaccessibili per fare affari. Tutto questo rende il contrasto complesso. Tuttavia, la repressione giudiziaria, per quanto necessaria, non basta: magistratura e forze di polizia devono essere affiancate da tutte le istituzioni.
Di cosa c’è bisogno per contrastare questo nuovo tipo criminalità?
Occorrono risorse, strumenti tecnologici adeguati e un impegno condiviso, affinché si possa combattere efficacemente la mafia di oggi. Inoltre, bisogna educare i cittadini a non dare più consenso alla criminalità. Dire no alla mafia è la vera forza che può portare al successo nella lotta.
E’ anche una questione culturale?
Il cinema, la letteratura e le immagini hanno un ruolo fondamentale, soprattutto quando trasmettono messaggi che ridicolizzano la mafia e ne mettono in evidenza i lati negativi. Questo è particolarmente utile per i giovani, che devono essere stimolati a riflettere criticamente sul fenomeno. I giovani devono acquisire la capacità di distinguere il bene dal male e di evitare di mitizzare figure come i boss mafiosi. Ad esempio, glorificare un personaggio come il capo dei capi è un’operazione culturalmente sbagliata perché potrebbe portare ad un’idealizzazione di figure che in realtà producono solo carcere, sangue e morte. L’importante è rappresentare il fenomeno mafioso in modo critico attraverso film, documentari e altri strumenti culturali.
Ecco, ad esempio qual è la sua opinione su serie Tv come Gomorra?
Personalmente ho apprezzato molto i film su Giancarlo Siani, che portano un messaggio di speranza e di resistenza. Gomorra, invece, rappresenta la realtà in modo crudo, ma è necessario che, dopo la visione di questa serie, si affronti il tema in maniera critica. Bisogna interrogarsi su come evitare il ripetersi di quelle situazioni, coinvolgendo tutti, dalle istituzioni ai cittadini. La rappresentazione artistica, che unisce realtà e finzione, può essere utile, ma deve sempre riportare il focus sulla vera natura del fenomeno mafioso, affinché si agisca concretamente per contrastarlo.
Quanto la povertà, la disoccupazione favoriscono la criminalità organizzata?
Capita spesso che per ottenere un lavoro, si è costretti a rivolgersi a persone legate ad organizzazioni criminali. Del resto, oggi la mafia si nasconde meglio, si mimetizza, ma incide sempre profondamente negli affari e nell’imprenditoria legale, fornendo servizi o liquidità a chi è in difficoltà. E’ necessario che i cittadini prendano posizione e facciano scelte nette, rifiutando ogni forma di compromesso.