Ci deve essere una ragione del perché la politica interessi sempre meno la gente. Veramente ce ne sono più di una anche se nessun partito cerca di analizzarne le cause per ai ripari finché si è in tempo. Se i ragazzi sono indifferenti alla politica, fino a non conoscere, spesso, il nome del Presidente della Repubblica o quello del primo Ministro, (figuriamoci dei Ministri!); se siamo arrivati a due elettori su tre che si astengono dal voto. E il movimento 5 Stelle è il “non partito” che prende più voti di tutti glia altri, una ragione è anche da ricercarsi nella banalizzazione che ha assunto la comunicazione politica e la “qualità” stessa di un gran numero di parlamentari.
Il messaggio politico è, in gran parte, caratterizzato da una mediocrità di esposizione, da stantie ripetizioni, da stereotipi e da un populismo generalizzato nelle televisioni e nei giornali cui fanno da bordone giornalisti timidi o condiscendenti verso il potere, per piaggeria o implicita autocensura nei riguardi dei giornali, dai quali dipendono, in gran parte finanziati dalla grande finanza o dai potentati economici e politici. A volte, nei vari salotti televisivi (e la stragrande maggioranza degli italiani, che non legge giornali o libri e segue solo la televisione, ne rimane soggiogata) si assiste ad un vero delirio di supercazzole.
Un esempio, tanto per rimanere nell’attualità, è l’analisi, frettolosa e superficiale, i giudizi ed i commenti dei vari politici, commentatori televisivi, giornalisti sulla coalizione tra il PD e MDP e SI, tacendone le cause che la impediscono, limitandosi a generici appelli all’unità incolpando la sinistra, rappresentata da un D’Alema da sempre colpevole di tutto e animato solo da odio verso Renzi. Eppure la questione è molto più profonda e complessa ed investe il modo stesso della politica dal PD, abbastanza chiaramente orientata su posizioni di destra economica che MPD e SI stanno cercando di spiegare senza riuscire ad incanalare sulla questione un confronto utile per tutti. La società, che sta venendo fuori per effetto di una globalizzazione selvaggia e di una finanziarizzazione economica cinica, crea disuguaglianza, perdita dei diritti, marginalizzazione del lavoro, distruzione delle risorse naturali senza che la politica – soprattutto in Italia- riesca a creare una inversione di tendenza né una vera rete di protezione per fermare questa deriva.
Renzi ha cambiato il DNA del partito, posizionandolo su politiche imposte dal potere economico e finanziario, e non offre affidamento senza esempi tangibili di discontinuità e garanzie reali se non le solite promesse che lasciano il tempo che trovano. La questione è seria e la possibilità che ad avvantaggiarsene possano essere le destre, dovrebbe inquietare innanzitutto Renzi (che ha imposto – con otto voti di fiducia- una legge elettorale che le favorisce in previsione di un accordo con Berlusconi!) che, invece, continua ad invocare il voto utile senza modificare di una virgola la sua strategia. Che le preoccupazioni di Bersani su dove stia portando la politica e l’economia non sono campate in aria è, ormai, patrimonio di molti valenti economisti.
Uno di questi, certamente di nessuna simpatia di sinistra, l’americano Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia 2001, ha scritto su Repubblica che siamo in presenza di un’economia malata (disuguaglianza elevata, bassa crescita, scarsi investimenti, produttività stentata) perché la crescente concentrazione del potere di mercato, con elevati profitti di aziende monopolistiche investono poco per non far scendere i prezzi dei loro prodotti, causano maggiore disuguaglianza. Che la crescita della concentrazione e del margine lordo del profitto, con contestuale diminuzione del potere di mercato dei lavoratori per il declino dei sindacati e il cambiamento della struttura della contrattazione e per effetto della globalizzazione (trasferimento all’estero di produzione e decurtazione di salari) fanno arretrare la quota del lavoro e dei capitali con aumento della sola rendita.
“Un modello di economia in cui le rendite giocano un ruolo centrale si discosta dal modello di economia competitiva.” Il denaro si sposta verso i vertici della piramide e si riduce quello destinato ai consumi. Infine, scrive ancora, che la disuguaglianza economica determina una disuguaglianza politica. I ricchi ed i politici di destra propagandano una riduzione delle tasse e il ritorno alle politiche reaganiane e thatcheriane ormai screditate. Di che vogliamo parlare? Di strategie elettorali e di conquista del potere? Che dice Renzi per bocca di Fassino?
di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud