Un viaggio attraverso i secoli alla scoperta del paesaggio delle acque calde tra Etruschi e Romani nel territorio dell’antica città-stato etrusca di Chiusi: dal 16 febbraio al 30 giugno 2024 è in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli la mostra “Gli Dei ritornano. I bronzi di San Casciano”, che presenta al pubblico gli straordinari ritrovamenti effettuati nell’estate 2022 e le novità venute alla luce nel 2023 nel santuario termale etrusco e romano del Bagno Grande di San Casciano dei Bagni.
“I Bronzi di San Casciano, esposti da oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, offrono alla nostra comunità un frammento di storia sepolta e anche l’emozione di questa scoperta, definita dagli esperti una delle più rilevanti degli ultimi tempi. Si tratta di uno scavo giovane, siamo certi che le ricerche condotte dal Ministero della Cultura, con il coinvolgimento di tanti atenei, coordinati dall’Università per Stranieri di Siena, ci regalerà nel prossimo futuro molte nuove scoperte. Abbiamo già proceduto all’acquisto di un palazzo cinquecentesco nel centro storico di San Casciano e ciò renderà possibile presto l’apertura di un museo che diventerà la nuova casa di questi reperti. La ferma volontà di mantenere il legame inscindibile delle scoperte con il territorio è parte costitutiva del progetto di valorizzazione dell’identità delle nostre comunità locali. I musei sono punti cardinali della nostra identità e memoria. La mostra al MANN, fra i più importanti musei archeologici al mondo, testimonia l’importanza per il Ministero della Cultura di questo progetto e ribadisce come il patrimonio sia di tutti”, dichiara il Ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano.
Dall’età del bronzo fino all’età imperiale, la grande tradizione di produzioni in bronzo di quest’area dell’Etruria è raccontata in un percorso ricco di suggestione: come l’acqua calda delle sorgenti termali si fa vortice e diviene travertino, così il visitatore scopre come le offerte in bronzo incontrino l’acqua calda, non solo a San Casciano dei Bagni, ma anche in una moltitudine di luoghi sacri del territorio. Oltre venti statue e statuette, migliaia di monete in bronzo ed ex-voto anatomici narrano una storia di devozione, di culti e riti in luoghi sacri dove l’acqua termale era usata anche a fini terapeutici. L’eccezionale stato di conservazione delle statue ha permesso di tramandare lunghe iscrizioni in etrusco e latino che restituiscono nuovi dati sul rapporto tra Etruschi e Romani, sui culti presso le sorgenti termali e sulle divinità qui venerate.
“I Bronzi di San Casciano sono da oggi ospitati nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli nei nuovi spazi espositivi, che per la prima volta aprono le porte al pubblico. La scelta non è casuale: non sono solamente dei capolavori dell’antichità ad essere in mostra al MANN, ma il risultato di un percorso di scavo in corso, dove statue in bronzo – ed è una circostanza rarissima – sono restituite nel loro contesto, raccordando le storie di un centro antico di ritualità e culto, che dal III secolo a.C. al V secolo d.C. fece dell’acqua termale il suo fulcro. Così il racconto dello scavo del santuario, che fu etrusco prima e romano poi, si snoda nelle nuove sale espositive come un viaggio nel paesaggio delle acque sacre che è al contempo un viaggio nella ricerca. Il percorso dei Bronzi di San Casciano dei Bagni è infatti il frutto della collaborazione tra Musei italiani, Università, enti locali in cui si mette in atto quella valorizzazione immediata dei risultati degli studi in corso che dovrebbe essere il fine ultimo di tutti i progetti di archeologia”, commenta il Direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna.
La mostra, promossa dal Ministero della cultura, è stata realizzata grazie alla collaborazione tra una pluralità di istituzioni preposte alla ricerca, alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio. Organizzata dalla Direzione generale Musei del MiC, l’esposizione presenta al pubblico i risultati degli scavi archeologici del Bagno Grande di San Casciano dei Bagni. Gli scavi sono in concessione al Comune di San Casciano dei Bagni dalla Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio del Mic, con la tutela della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le Province di Siena, Grosseto e Arezzo. Il coordinamento scientifico è dell’Università per Stranieri di Siena. I restauri sono avvenuti con il supporto dell’Istituto Centrale del Restauro.
“Sono orgogliosa che il progetto di San Casciano dei Bagni oggi venga ospitato a Napoli, all’interno delle prestigiose sale del Museo Archeologico Nazionale. Tra l’altro la mostra si arricchisce anche di nuovi reperti provenienti dallo scavo appena concluso, segno di un’attività che prosegue, grazie alla sinergia con l’Università per Stranieri di Siena e il Ministero della Cultura, e che è ancora in grado di stupirci. E, parafrasando il titolo della mostra, siamo anche felici di sapere che presto i nostri Dei ritorneranno a San Casciano“, afferma la sindaca di San Casciano, Agnese Carletti.
La mostra, curata da Massimo Osanna e Jacopo Tabolli, è stata presentata per la prima volta al Palazzo del Quirinale tra giugno e dicembre del 2023, grazie all’iniziativa della Presidenza della Repubblica. Il nuovo allestimento al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, arricchito da nuovi reperti provenienti dallo scavo della scorsa estate, è stato progettato da Guglielmo Malizia e Chiara Bonanni.
Tra i reperti mai esposti al pubblico spicca la statua in bronzo che rappresenta una figura femminile con le mani aperte per la preghiera. La donna indossa un chitone e un mantello; il suo viso è incorniciato da una chioma finemente pettinata e lunghe ed eleganti trecce avvolte cadono sul petto. La scultura rimanda a figure con manto trasverso diffuse sin dalla prima età ellenistica, e può essere datata alla metà del II secolo a.C. Il manufatto è stato rinvenuto nell’insieme di offerte all’interno della vasca sacra, in un gruppo di statue che abbracciavano un grande tronco di quercia. La scultura di devota orante era deposta a testa in giù, come a voler rivolgere la sua preghiera verso il cuore della sorgente termale.
Il secondo reperto inedito è la base di un donario in travertino, che eccezionalmente presenta un’iscrizione ‘bilingue’. La metà destra è redatta in etrusco, con lettura da destra a sinistra, mentre la metà sinistra è in latino, con una lettura da sinistra a destra: [f]lere havens – [fon]s caldus che si può tradurre (Io sono il) Nume della Fonte – (Io sono il) Fonte Caldo. A parlare è la divinità stessa, che dobbiamo immaginare rappresentata al di sopra della base del donario. Si tratta di un documento eccezionale dell’uso pubblico dell’etrusco ancora all’inizio dell’età augustea. La divinità, che sta parlando nelle due lingue, ben rappresenta l’esistenza di destinatari diversi fra le comunità accolte dal santuario: l’esigenza comune era di essere compresi da tutti. Dalla campagna di scavo del 2023 al santuario del Bagno Grande provengono numerosi nuovi bronzi, riconducibili alle pratiche religiose e rituali di questo luogo di cura termale. Tra questi, benché di piccole dimensioni, spicca un reperto che può essere inserito nel gruppo degli ex-voto anatomici. Si tratta probabilmente di un rene “in versione miniaturistica”. Infine, intagliato in un prezioso frammento di cristallo di rocca perfettamente trasparente, con rare e impercettibili impurità, vi è un pendente a forma di pesciolino. Il cristallo di rocca era ritenuto nell’antichità portatore di numerose proprietà benefiche e mediche, oltre ad essere usato come lente ustoria per curare le ferite; inoltre, essendo interpretato come ghiaccio pietrificato, era reputato utile a preservare il sonno dei defunti e a ritardarne il disfacimento del corpo. Il reperto si data ai primi decenni del I sec. a.C. ed è stato rinvenuto presso la sorgente di acqua fredda esterna al tempio, dentro un focolare, in associazione con una lama di coltello in ferro.
Fra le opere in mostra al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, si notano la splendida statua in marmo dell’Afrodite del tipo di Doidalsas, copia romana di età traianea (II secolo d.C.) da un originale ellenistico, rinvenuta nel Cinquecento presso la sorgente della Doccia della Testa; dalla vasca sacra del Bagno Grande, proviene invece la statua in bronzo di Apollo in atto di scagliare una freccia, risalente al 100 a.C. Accanto alle statue delle divinità, vi sono le raffigurazioni di offerenti, come il personaggio togato databile al I secolo a.C., che presenta molte affinità con il celebre Arringatore conservato al Museo Archeologico Nazionale di Firenze; ancora, da non perdere la statua maschile di un giovane malato, rappresentato nudo e in posizione orante: sulla gamba sinistra reca un’iscrizione latina che ricorda come L. Marcio Grabillo offrì a Fons un donario composto, oltre che da questa statua, da altri sei simulacri in bronzo (signa) e da sei arti inferiori. Testimonianza dei dedicanti sono anche i votivi anatomici che riproducono parti del corpo umano (fra cui un orecchio in bronzo con la dedica alla Fortuna primigenia, divinità che tutelava la sorgente fin dalla fase più antica), e le monete romane offerte in età imperiale. Il fulmine in bronzo, deposto insieme a una freccia in selce all’interno di uno strato di tegole e coppi, evoca il fulgur conditum: il rito del fulmine sepolto, in base al quale tutto ciò che all’interno di un tempio o di un santuario veniva colpito da un fulmine doveva essere sepolto, così come il fulmine stesso. Tale strato di laterizi sigillò l’antica vasca etrusca, aprendo la strada alla monumentalizzazione del santuario in età romana, durante il regno dell’imperatore Tiberio (I secolo d.C.).
Il catalogo è a cura di Treccani, con la sponsorizzazione tecnica di Intesa Sanpaolo. Hanno inoltre finanziato lo scavo e i restauri per la mostra Friends of Florence, Ergon, Robe Cope per Vaseppi, Banfi srl e il Castello di Fighine.