Un incontro che diventa l’occasione per parlare dei fatti di Giarre, della nascita di Arcigay e dell’attualità della lotta contro ogni forma di violenza. E’ l’appuntamento in programma il 7 marzo, alle 17.30, presso la sede Spi Cgil di Avellino, Punto di partenza il volume di Francesco Lepore sul “Delitto di Giarre”. A confrontarsi con l’autore don Fabio Mauriello e Stefania De Vito della pastorale di inclusione della diocesi di Avellino, Christian Coduto, presidente di Apple Pie. A moderare l’incontro Nadine Sirignano, legale dell’associazione
E’ il 31 ottobre 1980 quando due giovani vengono trovati morti, mano nella mano, sotto un grande pino a Giarre, in provincia di Catania. Sono il venticinquenne Giorgio Agatino Giammona e il fidanzato Antonio Galatola. La differenza sociale tra i due, la vergogna legata all’omosessualità fanno sì che quell’amore proibito venga rimosso e non si faccia mai luce su quel caso. A rendere inaccettabile quella relazione è, in realtà, solo l’orientamento sessuale dei due: a quella stessa società sembra assolutamente normale che una sorella di Toni sia andata via di casa a dodici anni, e a quindici sia già madre. Intanto, mentre i parenti delle vittime si affannano a negarne l’omosessualità, le indagini si infrangono contro un muro di silenzio e i punti da chiarire restano tanti. Com’è possibile che i cadaveri siano stati rinvenuti in una zona battuta, a poche centinaia di metri dalla caserma dei carabinieri? E come conciliare la posizione dei corpi e la traiettoria dei proiettili con l’ipotesi di suicidio-omicidio? Infatti, di lì a pochi giorni, il tredicenne Francesco Messina – nipote di Toni – confessa: i due l’hanno supplicato di ucciderli, e sono arrivati persino a minacciarlo di morte se non li avesse aiutati. Poi, però, il ragazzino ritratta, sostenendo di aver confessato dietro pressione delle forze dell’ordine.. Malgrado ciò, ad emergere è una nuova consapevolezza che accelera la costituzione del primo nucleo di Arcigay e la costituzione del circolo catanese del Fuori!, una delle prime associazioni del movimento LGBT+, nata a Torino qualche anno prima. Attraverso l’attenta ricostruzione del delitto (alla luce degli articoli coevi, di testimonianze provenienti dall’ambiente familiare degli ziti, da quello civico giarrese e da quello degli attivisti/e) Francesco Lepore racconta quattro decenni di battaglie e rivendicazioni del movimento LGBT+ italiano.