Di Andrea Covotta
Una leader giovane guida un partito dove in tanti non vogliono stare in panchina ma intendono continuare a giocare e a farlo da protagonisti. Il Pd ha da sempre fagocitato i suoi segretari e il rapporto attuale tra Elly Schlein e i suoi “compagni di viaggio” dopo l’iniziale luna di miele, si è trasformato in un cammino accidentato. In questi anni il partito democratico non è riuscito ad amalgamare le varie famiglie politiche di riferimento: i cattolici democratici, la sinistra riformista, i liberal-democratici e gli ambientalisti. E’ rimasto in una sorta di limbo sia il modello organizzativo che il radicamento nella società. Tanti capi, capetti locali e nazionali che hanno passato il tempo a fronteggiarsi, rivendicando ognuno un piccolo pezzettino di potere. Un partito che pur non vincendo le elezioni ha governato per un lungo periodo e lo ha fatto con la destra, con il Movimento Cinque Stelle e con i governi presieduti da premier indicati dal Quirinale come Monti o Draghi. Tutto questo è avvenuto mentre nel Paese è cresciuta una destra molto più radicale e meno liberale di quella berlusconiana e che oggi dopo la vittoria di Giorgia Meloni ha occupato i settori chiave dello Stato e vuole costruire una narrazione culturale diversa. Una destra che punta a cambiare la costituzione con l’elezione diretta del Presidente del Consiglio svuotando di fatto i poteri del Capo dello Stato e che guarda ad un’Europa dei nazionalismi molto diversa da quella imperniata in tutti questi anni sull’asse tra popolari e socialisti. Il Pd assiste da spettatore e fa ancora finta di non vedere la famosa “mucca in corridoio” per usare una delle metafore più riuscite dall’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani. La sconfitta alle ultime comunali e la corsa in salita in vista delle elezioni europee sono una conseguenza di un arretramento dei consensi che precede la segreteria della Schlein. Chi governa oggi il Pd dovrebbe essere capace di offrire una vera alternativa alla destra della Meloni, essere credibile di fronte ad un “popolo disamorato” e non dovrebbe occuparsi di fare una sorta di notaio dei capicorrente. Ha scritto Marco Damilano che “se il tempo è lungo, lo spazio non è la superficie ma il profondo della società italiana da estrarre, da portare alla luce. Il partito non è il fine, la casa delle correnti, è lo strumento per ricucire un rapporto spezzato”. Il problema, dunque, è cosa è diventato oggi il Pd e cosa può rappresentare, le alleanze elettorali, anche quella molto complicata con il Movimento Cinque Stelle, vengono dopo. In un libro del 1986 Esodo e Rivoluzione il filosofo statunitense di famiglia ebraica Michael Valzer scrive che ogni generazione ha il suo deserto da attraversare e la sua terra promessa da raggiungere con la certezza che la strada che porta alla terra promessa attraversa il deserto. La marcia che ha intrapreso Elly Schlein dovrebbe avere una bussola per orientare il cammino di chi considera il Pd l’unica alternativa alla destra.