Non si erano fermati all’alt degli agenti della Squadra Mobile e il suo complice aveva tentato di disfarsi della droga, una quantita’ detenuta all’ interno di un borsello, secondo le accuse, per cederla a terzi, condannati in via definitiva per spaccio di cocaina. La Corte di Cassazione ha rigettato le tesi difensive, confermando la sentenza emessa nei precedenti gradi di giudizio.
La vicenda ha avuto origine in via Palatucci, ad Avellino, quando un’auto con a bordo dueuomini non si è fermata all’alt imposto dagli agenti della Squadra Mobile. Ne è nato un breve inseguimento, conclusosi circa cento metri più avanti, subito dopo che uno degli occupanti aveva gettato un involucro dal finestrino.
Il materiale recuperato dagli investigatori – 24,05 grammi di cocaina suddivisa in 14 bustine e un ulteriore involucro, per un totale di 124 dosi medie singole – è stato posto sotto sequestro insieme a un borsello, due cellulari e un foglio di contabilità. Sul display di uno dei telefoni, bloccato, era visibile l’anteprima di un messaggio con il testo: “hai qualcosa?”.
La Suprema Corte ha respinto la ricostruzione della difesa, secondo cui la sostanza stupefacente sarebbe stata detenuta da un solo imputato e in quantità modica. I giudici hanno ritenuto sussistenti gli elementi che indicano una finalità di spaccio, escludendo l’ipotesi di detenzione per uso personale. Determinanti, in tal senso, la modalità di confezionamento della droga, la suddivisione in dosi pronte alla vendita, il comportamento elusivo dei due durante il controllo e i messaggi e appunti trovati in loro possesso.