Sono in tantissimi a contestare con forza le parole di Giorgia Meloni pronunciate in Parlamento sul Manifesto di Ventotene, nel corso della discussione su riarmo e Ucraina alla vigilia del Consiglio europeo: “Nella manifestazione di sabato in Piazza del Popolo, è stato richiamato da moltissimi il Manifesto di Ventotene. Spero che tutte queste persone non l’abbiano mai letto perché l’alternativa sarebbe spaventosa. Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia”. L’accusa rivolta al presidente del Consiglio è quella di avere umiliato la lezione di chi come Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, firmatari del Manifesto di Ventotene, hanno immaginato un futuro di pace e giustizia, un’Europa libera e unita, mentre il nazionalismo sterminava popoli e annientava diritti. Poco felice è apparsa la scelta di leggere passi decontestualizzati del manifesto sulla rivoluzione socialista e l’abolizione della proprietà privata.
E’ Mara Lo Russo, docente del liceo Mancini “Se non ora quando” capiremo quali danni produce l’ignoranza, che alimenta paure, odii e rancori? I sottoprodotti dell’incultura attuale mistificano anche i testi fondanti del pensiero democratico del Novecento, senza conoscenza nè pudore, quello che dovrebbe consigliare di tacere, se non si è capaci di prendere le distanze, su una delle pagine più oscure e terribili della nostra storia. A Ventotene si dovrebbe andare in pellegrinaggio, come in un santuario della resistenza e del pensiero libero”.
Roberto Montefusco, segretario provinciale di Sinistra Italiana, parla di un “ignobile attacco di Giorgia Meloni agli autori del Manifesto di Ventotene e al contenuto di quel testo visionario e leggendario ha solo un merito. Di riaccendere i riflettori su un libro scritto nell’ora più buia della storia d’Europa, quella in cui il nazifascismo era nel momento di massima espansione militare e politica. Immaginare una Europa di pace, giustizia, democrazia, immaginare un’ Europa federale mentre il Continente era devastato dalla brutale furia criminale nazista e fascista fu un atto di straordinaria lungimiranza e visione politica compiuto da Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, che insieme ad Eugenio Colorni ed Ursula Hirschmann furono i protagonisti di una stagione straordinaria di elaborazione culturale e politica. Insomma, videro la luce nelle tenebre. La stessa impresa, in fondo, che anni prima provò a compiere Antonio Gramsci dal carcere con i Quaderni, che la fine del fascismo non la vide mai, ma che la nuova Italia pensò e immaginò anche nel periodo più duro e di massimo consenso di regime. Quella di Altiero Spinelli era una Europa democratica, federale e socialista. Un’Europa che reagiva alla violenza dei nazionalismi ma che aveva delle caratteristiche precise. D’altronde lo stesso Spinelli trovò la sua casa politica nel Pci di Enrico Berlinguer, con il quale scelse di candidarsi come indipendente nella elezioni europee del 1984. Che la sua Europa non fosse quella di Giorgia Meloni a me pare molto chiaro. Può piacere o no, ma se si torna indietro ormai quasi di un secolo a quegli anni terribili, gran parte di coloro che oggi governano l’Italia è più realistico immaginarli dall’altra parte della barricata. Quella sbagliata, quella sconfitta, si spera, per sempre. Ciò che non è accettabile è il dileggio, l’insulto, l’irrisione di chi ha contribuito a donare all’Italia la libertà e la Costituzione nelle Istituzioni stesse che di quella lotta di Liberazione sono simbolo. Hanno scritto l’ennesima pagina di vergogna per questo Paese. Ma resteranno sempre dei drammatici passanti della storia, che dovrebbero solo inchinarsi a dei giganti della democrazia”.
Durissimo anche Arturo Bonito, segretario provinciale Rifondazione Comunista ” Giorgia Meloni ha compiuto oggi un atto di sfacciata manipolazione storica, citando il Manifesto di Ventotene non per onorarlo, ma per denigrarne il cuore socialista e rivoluzionario. La premier, in un’Aula trasformata in un ring di insulti alla democrazia, ha letto stralci del testo di Spinelli e Rossi con tono sprezzante, bollando come “fallimentare” la visione di un’Europa socialista e solidale. È il colpo di coda di un governo che, erede del fascismo, teme la forza delle idee antifasciste. Meloni ha selezionato volutamente passaggi del Manifesto per dipingerlo come un testo “estremista”. Ma il vero estremismo è quello di chi, come lei, usa la tribuna istituzionale per riscrivere la storia a uso dei neofascisti.
Quella di Meloni non è una critica: è un tradimento della Costituzione. Il Manifesto di Ventotene nacque nella lotta al nazi-fascismo, indicando nella giustizia sociale e nell’unità dei popoli l’unica via per evitare nuove guerre. Citarlo per attaccarne l’ispirazione socialista equivale a tradire milioni di resistenti che morirono per quei principi. La premier, che oggi si erge a paladina della “democrazia”, ha dimenticato che Spinelli e Rossi scrissero quelle parole sotto la dittatura, mentre i suoi predecessori politici sostenevano le deportazioni e i campi di concentramento.
Il dileggio non si è fermato qui. Meloni ha ironizzato sulla «dittatura del partito rivoluzionario» evocata dal Manifesto, ignorando volutamente che quella frase si riferiva alla necessità di un’azione collettiva per sconfiggere il fascismo, non all’imposizione di un regime. È la stessa logica perversa con cui il MSI, nel 1996, provò a equiparare partigiani e repubblichini, scatenando la replica indimenticabile di Vittorio Foa a Giorgio Pisani: «Se aveste vinto voi io sarei in prigione. Siccome abbiamo vinto noi, tu sei senatore». Oggi, Meloni gioca lo stesso sporco gioco: usa la democrazia per svuotarla, citando i martiri antifascisti per calpestarne il sogno.
Il problema non è solo Meloni: è un sistema che permette a chi proviene da culture politiche illiberali di strumentalizzare la Costituzione nata dalla Resistenza. Un sistema che, mentre taglia fondi alla scuola pubblica e regala miliardi agli armamenti, osa definire “radical chic” chi difende i principi di Ventotene. Denunciamo con fermezza questa operazione di terrorismo culturale. Il governo Meloni, figlio delle politiche liberiste che hanno impoverito i lavoratori e privatizzato i diritti, vuole cancellare ogni alternativa al suo modello di Europa-fortezza: un’Europa razzista, classista e nemica della pace. A chi prova a deridere il socialismo di Spinelli rispondiamo con le parole di Antonio Gramsci: «Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani». Noi siamo partigiani della storia, della verità, della giustizia. E non permetteremo che il vento nero del revisionismo soffochi la voce di chi lottò per la libertà. La nostra Europa sarà quella di Ventotene, ancora totalmente irrealizzata, o non sarà. Un Europa Nuova dei popoli, dei Lavoratori. Quella di Meloni è solo l’ombra del passato che credevamo sepolto, ma che combatteremo con lo stesso ardore di sempre”.
Il musicista Gianluca Di Donato sottolinea come “Quanto accaduto ieri in parlamento è di una gravità assoluta. A questo punto voglio solo augurarmi che chi di dovere faccia le sue riflessioni e prenda i dovuti provvedimenti. Perché un conto sono le idee politiche, un altro è rinnegare un pilastro della nostra democrazia. Ecco perché ora l’unica cosa che mi auguro (anche se ci credo poco) è una convocazione del capo dello Stato per chiarimenti”.