Alla fine della seconda guerra mondiale i popoli giudicarono la civiltà che li aveva portati a quella crisi, e si resero conto di come essa fosse avanzata nel tempo rendendosi più volte colpevole di razzismi aggressioni e genocidi. Nel 1948 essi adottarono la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, termine con cui si intendeva non solo lo sterminio di un intero popolo, ma tutti gli atti volti “a distruggere in tutto o in parte”un gruppo umano come tale. Pertanto essi decisero di passare a una civiltà di popoli eguali senza più genocidio.”
Così si apre un appello a resistere all’iniquità del tempo presente che vede fra i primi firmatari quattro Premi Nobel per la pace (Adolfo Perez Esquivel, Premio Nobel per la pace 1980, Argentina, Shirin Ebady, Premio Nobel per la Pace 2003, Iran, Jodi Williams, Premio Nobel per la Pace 1997, USA, Mairead Corrigan- Maguire Premio Nobel per la Pace 1976,Regno Unito), un ex console noto come lo “Schindler argentino”, un filosofo della democrazia e dell’eguaglianza come Luigi Ferrajoli, don Ciotti presidente di Libera, il sindaco di Palermo, Moni Ovadia, teologi, giornalisti e scrittori come Raniero La Valle e altre personalità internazionali. Prosegue l’appello: “Oggi però si ragiona, si decide e si governa come se quella scelta non ci fosse stata. Giocare a minacciarsi l’atomica tra Corea del Nord e Stati Uniti significa infatti ammettere come ipotesi il genocidio di uno o più popoli o di tutti i popoli; pretendere di rovesciare regimi sgraditi votando alla distruzione i relativi popoli come “danno collaterale”, è già genocidio; mettere in mano a un pugno di persone la maggior parte delle ricchezze di tutto il mondo vuol dire attivare “un’economia che uccide”, cioè genocida, poiché attenta alla vita di popolazioni intere, mettendole fuori mercato; continuare a incendiare il clima e a devastare la terra significa ecocidio, cioè scambiare il lucro di oggi con il genocidio di domani; intercettare il popolo dei migranti e dei profughi, fermarlo coi muri e coi cani, respingerlo con navi e uomini armati, discriminarlo secondo che fugga dalla guerra o dalla fame, e toglierlo alla vista così che non esista per gli altri, significa fondare il futuro della civiltà sulla cancellazione dell’altro, che è lo scopo del genocidio. Queste pratiche, oltre che malvagie, sono contro ragione; infatti nessuna di esse va a buon fine, mentre scelte opposte sarebbero ben più efficaci e vantaggiose, possibili e politicamente capaci di consenso.” Si tratta di un grido d’allarme di personalità che in qualche modo riflettono la coscienza morale dell’umanità e vedono con chiarezza quei mali che la politica ed il sistema dei media tendono a banalizzare o a nascondere. E’ un’analisi impietosa, che non chiude alla speranza. Di qui l’appello alla resistenza, a suscitare una volontà antagonista che possa trattenere e frenare le forze della distruzione ed impedirne il trionfo: “noi avanziamo l’urgenza che dai popoli si esprima una tale resistenza, si eserciti questo freno, come già avvenne nel Novecento quando il movimento della pace in tutto il mondo, interponendosi in modo non violento tra i missili nucleari da un lato e l’umanità votata allo sterminio dall’altro, riuscì a ottenere il ritiro della minaccia e a scongiurare la guerra atomica. Due appaiono oggi gli impegni prioritari di questo resistere agendo: 1 . Lottare perché le Potenze nucleari simultaneamente firmino e attuino il Trattato dell’ONU per la interdizione delle armi nucleari, cui già aderisce la maggior parte delle Nazioni; 2 . Lottare perché sia riconosciuto e attuato con politiche graduali e programmate il diritto universale di migrare e stabilirsi nel luogo più adatto a realizzare la propria vita.” Ciò che auspica questo appello è che tale visione del mondo e della civiltà di domani non solo sia enunciata come ideale, ma sia assunta come compito, diventi resistenza e azione, si faccia “movimento”. Insomma è diventato ancor più attuale il grido: Ora e sempre Resistenza!
di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud