“Un ponte tra immaginario e realtà”. Così l’artista Lucio Finale racconta la sua ricerca di scena al Carcere Borbonico con venti nuovi dipinti nel segno del “Respiro. Un viaggio tra ciò che vediamo e sentiamo”, “Le mie creazioni – prosegue Finale – sono stanze aperte in cui ciascuno può vedere ciò che sente, ciò che la sua anima gli suggerisce. Il titolo è un richiamo alla ciclicità che caratterizza l’esistenza, che è parte della natura e dell’universo”. E’ il critico Domenico Pisano a guidare lo spettatore nella comprensione dell’universo artistico di Finale “Lucio riesce a dare vita a ciò che non vediamo e non sentiamo, quello che rappresenta nelle sue opere è un universo differente dalla realtà concreta, siamo noi a dover interpretare la fusione di colori, il gioco di pennellate dense che caratterizzano la sua arte, nella quale si intravedere anche qualche indizio di figurazione. Elementi evidenti, ad esempio, nel quadro raffigurante la marina dove compaiono una luna e forme che richiamano quelle di barche. E’ un universo metafisico in cui la realtà e il tempo appaiono sempre frantumati e una nebbia sembra attraversare ogni dipinto. Ritroviamo le linee che come tagli mettono in discussione l’equilibrio di queste forme. Lo stesso abbinamento dei colori non richiama l’armonia ma rappresenta un pugno nello stomaco. Al tempo stesso Finale esplora problemi sociali come l’urbanesimo, il progresso, le regole, a cui si affianca l’attenzione rivolta all’inquietudine esistenziale”.
E’ ancora Pisano a ribadire come “La tela di Finale è lo spazio dell’anima, spazio che si allarga e si chiude in una tensione di reciprocità. In tale dinamismo parla solo il colore, che scrive un racconto umano di silenzi e voci, di speranze e di dannazioni, di attese e utopie. Quale è il senso di tale vorticoso indagare? Finale non lo impone. Forse egli stesso non lo conosce, nè se lo chiede: l’istinto si impone quale necessità naturale di espressione, acquista una valenza nella immediatezza dell’opera. In quest’ultima ci sono, a volte, indizi precisi ma non violentano mai la tela e la pittura stessa, non diventano chiavi di univoche interpretazioni. Sono segni e simboli del mondo di Finale, tracce di umanità. Di questa ci si accorge chi si avvicina ai suoi quadri, li attraversa con la propria vicenda di vita, li percepisce come pathos. Il processo creativo in Finale diventa metamorfosi, evoluzione continua attraverso il colore: di qui l’intenzione del nostro artista di esprimersi con una proposta informale. Definire astratta la scelta di Finale è limitativo: la sua pittura si muove in assoluta onestà alla ricerca di una dimensione fuori di ogni scrittura laboratoriale. Nel contempo forte e radicata è la presenza sulla tela della modernità e dei suoi aspetti problematici. Il colore allaga attraverso l’informalità. cattura con tenera asprezza, diventa la zattera di un uomo naufrago della vita. Esso perde denotazione, si fonde e si confonde con altri simili, acquista nuovo cromatismo. Il quadro si trasforma in monologo, riflessione, esperienza”
Classe 1970, Lucio sviluppa una passione per l’arte sin da giovanissimo ed esprime, nel corso degli anni anni, questa naturale indole artistica prima con il legno e la creta, che modella sebbene non abbia mai acquisito alcuna particolare tecnica di scultura, e poi sulla tavolozza, dove si “diletta a giocare con i colori”.