Sono storie di resistenza e coraggio quelle che si intrecciano nel salone degli specchi della Prefettura, storie di chi scelse di ribellarsi ai tedeschi e pagò a duro prezzo la propria ribellione, di chi, fatto prigioniero nei lager, dovette fare i conti con la fame e il freddo con il terrore di non poter più riabbracciare i propri cari. Storie che acquistano un senso più forte, quando si fanno memoria da tramandare alle nuove generazioni. Lo sottolinea il prefetto di Avellino Rossana Riflesso nel corso della cerimonia di consegna delle Medaglie d’Onore, conferite a 19 cittadini irpini che furono deportati e internati nei lager nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. “Oggi più che mai – spiega Riflesso – è necessario ricordare e vigilare perché non accada più. Ogni forma di persecuzione, ogni forma di discriminazione è da condannare. La Shoah è stata un unicum nella storia ma tanti sono gli esempi di popoli o gruppi etnici perseguitati nel corso dei secoli. Alla sofferenza che accompagna il ricordo si affianca la consapevolezza del valore di cui deve caricarsi la memoria. Consegniamo oggi 19 medaglie a internati per motivi militari o civili oppure politici a cui va tutta la nostra gratitudine per il contributo offerto alla costruzione della democrazia”
E sul momento difficile che vive il paese “Non esistono ricette magiche ma ciascuno è chiamato a fare la sua parte perché l’orrore non si ripeta. Essere cittadini significa anche questo, mantenere alta la guardia contro ogni forma di discriminazione. Dobbiamo essere consapevoli dei nostri diritti ma anche dei nostri doveri”. E sottolinea come “sono stare proprio le donne ad essere fortemente discriminate nella storia, una discriminazione che continua ancora oggi. Di qui la necessità di lottare contro ogni forma di violenza”. E sono tanti i discendenti dei deportati che portano con sè nel ricevere la memoria la foto del proprio caro. Tanti di quei soldati o civili non sono mai tornati. come Salvatore Cioffi di Avellino che pagò per essersi ribellato ai tedeschi. Nato a Napoli nel 1900, Salvatore fu un uomo coraggioso, noto per la sua opposizione al regime nazi-fascista. Arrestato con i figli nel gennaio 1942, fu deportato in vari luoghi prima di essere trasferito in Germania dopo l’armistizio. Di lui non si seppe più nulla. La sua ultima lettera, scritta dal carcere di Capodistria, rivelava la sua preoccupazione per la famiglia. Una storia che si intreccia con l’Irpinia perchè i suoi figli furono dati in adozione. A ritirare la medaglia consegnata dal sindaco Laura Nargi la figlia Immacolata.
Toccante anche la storia di Michele Giaquinto, raccontata dal nipote di Michele Russo “Mio zio era nato a Montoro Inferiore nel 1918, aveva soli venti anni quando fu catturato a Forlì e deportato a Weingarten, in Germania. Morì in prigionia nel marzo del 1945. Mia nonna mi raccontava che la sua quotidianità era scandita dagli stenti e dai lavori forzati. Per un po’ riuscì a inviare lettere ai familiari, poi non ebbero più notizie. Avevo cinque anni quando tornò la salma a Montoro nel 1965 con un camion militare. Si fa fatica a ricucire una simile ferita del genere. Se oggi siamo liberi dobbiamo ringraziare il sacrificio dei soldati che hanno dato la vita. E’ bello essere liberi oggi ma la libertà è costata cara”
Storie come quelle di Mario Di Prisco nato a Fontanarosa nel 1923, catturato dai tedeschi in Grecia e deportato nello Stalag 398 in Austria. La sua prigionia terminò nel 1945, con la liberazione degli alleati.
E’ quindi il sindaco di Aiello del Sabato Sebastiano Gaeta a premiare i familiari di Sabino Alvino Nato ad Aiello del Sabato il 1° gennaio 1909, Sabino era un soldato semplice, richiamato alle armi nel 1941 e destinato al fronte croato. L’8 settembre 1943, con l’armistizio, venne catturato dalle truppe tedesche, che lo deportarono nel campo di prigionia VI D, a sud di Dortmund, in Germania. Qui visse due lunghi anni di privazioni e sofferenze, fino alla liberazione, avvenuta il 28 aprile 1945. Con la fine della guerra, Sabino fece ritorno in Italia, portando con sé il peso delle atrocità vissute.
Riuscì a ritornare a casa anche Gerardo Candido. Avellinese, classe 1914, Gerardo prestava servizio nei Lancieri di Aosta. Il drammatico 8 settembre 1943 lo trovò a Gorizia, dove fu catturato e deportato nello Stalag IX A a Ziegenhain, nell’Assia settentrionale. Finalmente, nel luglio del 1945, Gerardo poté riabbracciare la sua famiglia.
Proprio come Carmine Cucciniello, nato ad Avellino nel 1912, Carmine era un bersagliere. Catturato a Bolzano nel 1943, fu deportato nel campo 17 A in Austria, dove visse mesi terribili. Riuscì a tornare a casa nel luglio del 1945. E ancora Raimondo Landi, avellinese, classe 1920, catturato nel 1943 e internato nel campo VIII C in Polonia. Fu liberato l’8 maggio 1945.
Ed è ancora il sindaco Gaeta a premiare i familiari di Virgilio Maretto, nato ad Aiello del Sabato nel 1924, Fu catturato a Gorizia e deportato nel campo III D a Berlino. Sopravvisse alla prigionia e tornò a casa nel luglio del 1945. Da Aiello del Sabato proveniva anche Emilio Ruggiero, nato nel 1921 ad Aiello del Sabato, catturato a Tirana e deportato nel campo 37 in Slovenia. Fu rimpatriato l’8 settembre 1945. E Carmine Ruggiero, carabiniere nel 1923, Catturato nel 1944, fu liberato nel giugno del 1945.
A consegnare il riconoscimento ai discendenti di Carmine D’Amore il sindaco di Forino Antonio Olivieri. Nato a Montoro Inferiore nel 1908, Carmine era un soldato della 71° Compagnia Presidiaria. Catturato nel settembre 1943, fu internato nello Stalag 1 B, situato nella Prussia Orientale.
Il primo cittadino di Grottolella Antonio Spiniello rende omaggio a Carmine Adolfo Aquino. Nato a Montefredane, il 2 febbraio 1923, Carmine Adolfo venne chiamato alle armi a soli 20 anni. Destinato al 36° reggimento fanteria, fu catturato dai tedeschi il 9 settembre 1943 e deportato nel campo VII A di Moosburg, in Baviera. Dopo mesi di prigionia e lavori forzati, Carmine fece ritorno in patria il 21 giugno 1945.
Riuscì a ritornare a casa anche Sabato Ferrara, ricordato dal sindaco di Mercogliano Vittorio D’Alessio. Originario di Monteforte Irpino, classe 1914, Sabato era un telegrafista. Catturato nel 1943, fu deportato nel campo 10 B in Germania. Sopravvisse e fece ritorno a casa nel settembre del 1945.
Provenivano da Montefredane Emilio Aquino, nato il 21 maggio 1914, artigliere destinato al fronte serbo. L’armistizio del 1943 lo colse impreparato e, come tanti altri soldati, fu fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in Germania. Internato in un lager, Emilio sopravvisse alla fame, al freddo e ai lavori forzati, tornando finalmente a casa il 27 marzo 1945, a pochi mesi dalla fine del conflitto. E Ciro Aquino, classe 1923. Ciro prestava servizio nella Marina presso il porto di Castellammare di Stabia. L’8 settembre 1943, mentre si trovava a Tolone, in Francia, venne catturato dai tedeschi e deportato nei campi di prigionia in Germania. La sua odissea si concluse solo il 17 agosto 1945, quando riuscì a fare ritorno a casa. Una storia che si intreccia con quella del sindaco Ciro Aquino
Il sindaco di Montella Rizieri Buonopane rende omaggio alla memoria di Michele Ciociola. Classe 1916, originario di Montella, Michele era un aviere dell’Aeronautica Militare. Dopo essere stato catturato nel 1943, fu deportato nello Stalag B, situato nella Prussia Orientale. Sopravvisse a due anni di prigionia e tornò in Italia nel maggio del 1945.
Storie di sofferenza come quella di Michele Bruno di Montoro. Nato a Montoro Inferiore il 9 settembre 1914, Michele era un soldato del 31° reggimento fanteria. Durante il conflitto fu inviato a Creta, dove, l’8 settembre 1943, fu catturato dalle truppe tedesche. Deportato nello Stalag XI A in Sassonia, Michele sopravvisse a due anni di stenti prima di tornare in Italia il 10 agosto 1945. Per lui l’omaggio del sindaco Salvatore Carratù.
E’ il sindaco di Sturno Vito di Leo a ricordare Michele Petruzziello, classe 1921, fu tenente di complemento. Catturato, fu deportato nello Stalag XB, in Germania.
Proveniva da Vallata Rocco Rauseo. Trevichese, classe 1923, Rocco fu catturato in Germania e internato nel campo VI D, vicino a Dortmund. Fu liberato nel maggio del 1945.
Di forte suggestione anche l’esibizione dei musicisti del Cimarosa e la testimonianza di Gianni Marino dell’associazione Casciaro di Nusco “Tutto è nato da un viaggio a Cefalonia. Siamo tornati sui luoghi che avevano segnato la storia degli italiani durante la seconda guerra mondiale, Non è un caso che il massacro di Cefalonia sia stato definito il primo atto di resistenza. Da allora come associazione abbiamo portato avanti un percorso di ricerca, affiancando la riscoperta di luoghi e memoria. Sono nate pubblicazioni preziose come quella dedicata ai soldati irpini in Grecia, in un costante parallelismo tra storia locale e nazionale. Abbiamo fatto conoscere storie come quelle di confinati in Irpinia. Penso ad Eric Lamet confinato ad Ospedaletto che ha raccontato la sua esperienza in un libro, il legame forte stabilitosi con la comunità. La famiglia di Eric, ebrea polacca ma residente a Vienna, è costretta a una drammatica fuga, e scappa in Italia. Eric ha solo otto anni quando arriva ad Ospedaletto. Non dimenticherà mai questo paese”