“Riscrivere il Paese ripartendo da Sud”, “raccontando un Sud ferito ma in piedi, attraversato da problemi ma dove sono tante le energie che si esprimono e quelle potenziali”. Da queste premesse nasce il manifesto per il Sud, lanciato la settimana scorsa a Napoli e sottoscritto da 180 esponenti della societá civile.
“Riscrivere il Paese”, di per sé vorrebbe rappresentare una volontà significativa di cambiamento, anche se la questione vera sta nel come lo si riscrive questo Paese mai diventato Nazione.
Che il Paese vada riscritto, cominciando dal tema stringente della riduzione della dualità tra Nord e Sud, è affermare un’ovvia quanto non scontata necessità, almeno in termini di priorità nell’agenda di un governo nel quale il Mezzogiorno, come punto all’ordine del giorno, sembra essersi eclissato.
Se poi dati, statistiche e report ci raccontano di un Paese con disuguaglianze sociali e divari territoriali che aumentano di anno in anno, disegnando un’Italia sempre più duale, vuol dire che “la questione” non la si vuole affrontare.
Non dimenticando che in questi anni abbiamo ascoltato il refrain continuo ed incessante che il Sud deve fare da solo, si è fatta strada gradualmente l’idea di un Sud che “finalmente” cominciasse a camminare con le proprie gambe. Dunque si è pensato che dovesse fare da solo, colmando i ritardi storici e guarendo dai suoi atavici mali, non considerando che Nord e Sud, oggi, non hanno uguali livelli di partenza.
Soltanto i meridionali possono redimere se stessi, è stato il messaggio sotteso, passato in questi tempi di crisi che hanno visto il Mezzogiorno abbandonato a se stesso.
Fino ad oggi la storia del Paese, da quando è stato riunito sotto l’insegna di un’unica bandiera, è stata scritta da Nord verso Sud.
In realtà, i termini del ragionamento si dovrebbero invertire per conferire una maggiore capacità persuasiva al discorso dialettico che si sta tentando di intavolare intorno al Sud.
Abbiamo tentato di riproporre un racconto del Mezzogiorno, tessendo una narrazione di quella che oggi è un complesso e composito mosaico di territori che vive una lacerante crisi, di rappresentare, non soltanto sotto forma di proiezione, la dura realtà meridionale che oggi richiede un cambiamento reale delle proprie classi dirigenti per cominciare a dare una svolta al corso di una storia recente che non può concludersi con “c’era una volta il Mezzogiorno”.
“La storia del Sud è tutta da riscrivere”, con queste parole Nicola Zitara, studioso meridionalista che andrebbe studiato, al di là della condivisione o meno delle sue discusse posizioni, concludeva “L’Invenzione del Mezzogiorno”, il suo saggio più conosciuto.
La crisi da sempre abita la storia del Mezzogiorno. Ma in un Sud oggi più che mai lasciato a se stesso c’è chi ancora parla, attraverso quel “fuoco vivo” che anima la terra del Mezzogiorno, di ambiente, di rilancio dei territori, di rinnovamento della classe dirigente.
Perché questo appare il nodo fondamentale: riscrivere un destino che sembra essere stato già scritto.
Un Paese che è ancora diviso, con una profonda lacerazione, tra un Nord e un Sud che si sentono estranei l’uno all’altro, non può continuare a vivere.
di Emilio De Lorenzo