La poetessa slovena Korun al Circolo della stampa
Questo forse è il momento storico in cui vi è più urgenza di poesia, sete di bellezza, bisogno di contrapporre l’amore e la forza dei sentimenti alla pornografia – anche culturale – che ci circonda. La poesia di Barbara Korun risponde a questa esigenza, nel desiderio vitale di trasfondere luce, energia, visioni più ampie dell’esistenza, nel verso stesso. Lunedì pomeriggio, al Circolo della Stampa di Avellino, la poetessa slovena ha presentato la sua ultima raccolta” Voglio parlare di te notte. Monologhi” (Multimedia Edizioni 2014), in un incontro organizzato dalla “Casa della Poesia” di Baronissi. La raccolta poetica è stata presentata dal saggista e giornalista Paolo Speranza, e dal poeta ed esponente di “Casa della Poesia”, Giancarlo Cavallo. «La poesia di Barbara Korun- afferma Loredana Umek, nella prefazione – sgorga dal suo porsi nella particolare prospettiva di osservatrice di se stessa, della propria posizione creativa, della dolcezza e asprezza della propria personalità, come confessione dei riflessi della bellezza dell’esistenza, come memoria delle prove della vita, degli eventi e dei pensieri. L’abbandono poetico alla dimensione erotica della vita, fa rivivere in lei forti sensazioni spirituali, risveglia lo sguardo immediato dell’esperienza interiore, riattiva la passione e il desiderio, ma vivere tale turbamento significa soprattutto trovarsi in una situazione di apertura ad una coraggiosa intimità. Nel mettere a nudo il suo principio femminile, l’autrice coglie il significato delle parole nell’abbandono estatico alla poesia – al peso della lingua – e attraverso lo svelamento della stretta intimità che si crea tra l’uomo e la donna, dettata dall’estasi del gioco di due corpi roventi – l’osmosi del contatto. ». Barbara Korun è nata nel 1963 a Ljubljana in Slovenia, dove tuttora risiede. Laureata in slavistica e letterature comparate, pubblica poesie in molte riviste slovene, scrive saggi, recensioni letterarie, critiche teatrali e partecipa a manifestazioni culturali. Nel 1999, la casa editrice Mladinska knjiga di Ljubljana stampa la sua raccolta di poesia "Ostrina miline" (La scabrosità della dolcezza), premiata come migliore opera prima. Nel 2003, pubblica, negli Stati Uniti, un libro di liriche :"Chasms" e, nel 2005, in Irlanda, una raccolta di sue poesie. Nel 2008, due suoi nuovi libri di poesia vengono editi e tradotti in croato e bosniaco. È presente in varie antologie nazionali e internazionali. Con il percussionista sloveno Zlatko Kaučič ha inciso il CD "Vibrato tišine" (Vibrato del silenzio) basato sulle poesie del famoso poeta sloveno Srečko Kosovel; inoltre, ha diretto il monodramma "Gospa Judit" (La signora Judit), tratto da un racconto di Cankar.
Le sue poesie sono state pubblicate in molte antologie e riviste, in dodici lingue. In Italia, la Korun ha pubblicato “Voglio parlare di te notte – Monologhi”. Come ha ribadito Giancarlo Cavallo: «Si può certamente affermare che la poesia di Barbara è sovversiva: “la poesia non è mai politicamente corretta” , ci dice la poetessa slovena, e le sue liriche ce lo confermano pienamente. Determinante anche la presenza di animali (il cervo, il leone) che Loredana Umek , che firma la prefazione della raccolta italiana, definisce totemici, in una dimensione che sembra decisamente onirica. Ma oltre l’evidenza di questi tratti salienti, nella sua poesia, c’è molto altro. Ci sono spesso delle coppie (eros/ tanathos, donna/ uomo, notte/ giorno) che sono al tempo stesso complementari e oppositive, oltre all’uso degli ossimori (gelido fuoco, aspra dolcezza). Nei suoi versi, ritroviamo il coraggio dell’intimità che va oltre l’erotismo, spingendosi fino a mettere a nudo se stessa, non in una esibizione all’altro o al mondo, ma in una rivelazione a se stessi, come vediamo nella splendida “Due”, dove la poetessa scrive: “ Continuano a spogliarsi con mani carezzevoli/ si tolgono la professione, il nome, le abitudini quotidiane con mani pazienti/ si liberano dei loro amori trascorsi, delle loro attese con morsi profondi si disfano degli anni della loro passione, con la bocca a vicenda si sbarazzano del sesso, si svestono dell’infanzia (operazione lunghissima) si tolgono di dosso la mamma, e il padre con energici lavacri”. Ma Oltre alla dimensione erotica che si stempera in versi di intensa spiritualità e di forte coinvolgimento emotivo, la poesia della Korun è anche visione e denuncia delle distorsioni del reale e della storia, come nella bellissima “Hannah Arendt riferisce sul processo di Eichmann Gerusalemme, Israele, maggio 1962” dove scrive: “ Per parlarne la poesia non basta. Parecchie migliaia di pagine di rapporti. Ogni parola ha davanti un nome. Ogni nome è un uomo: carne e spirito. Ognuno deve essere responsabile di ciò che ha detto, di ciò che ha fatto. Non davanti a Dio, davanti agli uomini. Davanti ai giudici. Qui non c’è posto per la poesia. Si susseguono i paragrafi, le norme, un articolo dopo l’altro. Leggi, costituzioni, mozioni, emendamenti. Un disperato tentativo – l’unico che conta – di scorgere il male, collegarlo con un nome, il nome con una persona e trascinare la persona in tribunale. …….E ancora “No, la poesia non basta. Ma proprio lei è la sorgente della luce che riesce a rendere il male visibile. “. E se la poesia – come ha ribadito Barbara Korun- non si può imporre, poiché nasce e si presenta come dono al poeta e ai lettori, allora forse basta un verso rivestito di luce per sconfiggere le tenebre che ci circondano. Per parlarne la poesia non basta.
Parecchie migliaia di pagine di rapporti.
Ogni parola ha davanti un nome.
Ogni nome è un uomo: corpo e spirito.
Ognuno deve essere responsabile di ciò
che ha detto, di ciò che ha fatto.
Non davanti a Dio, davanti agli uomini.
Davanti ai giudici.
Qui non c’è posto per la poesia.
Si susseguono i paragrafi, le norme,
un articolo dopo l’altro. Leggi,
costituzioni, mozioni, emendamenti.
Un disperato tentativo – l’unico che conta –
di scorgere il male, collegarlo con un nome,
il nome con una persona e trascinare la persona
in tribunale
Per parlarne la poesia non basta.
Parecchie migliaia di pagine di rapporti.
Ogni parola ha davanti un nome.
Ogni nome è un uomo: corpo e spirito.
Ognuno deve essere responsabile di ciò
che ha detto, di ciò che ha fatto.
Non davanti a Dio, davanti agli uomini.
Davanti ai giudici.
Qui non c’è posto per la poesia.
Si susseguono i paragrafi, le norme,
un articolo dopo l’altro. Leggi,
costituzioni, mozioni, emendamenti.
Un disperato tentativo – l’unico che conta –
di scorgere il male, collegarlo con un nome,
Per parlarne la poesia non basta.
Parecchie migliaia di pagine di rapporti.
Ogni parola ha davanti un nome.
Ogni nome è un uomo: corpo e spirito.
Ognuno deve essere responsabile di ciò
che ha detto, di ciò che ha fatto.
Non davanti a Dio, davanti agli uomini.
Davanti ai giudici.
Qui non c’è posto per la poesia.
Si susseguono i paragrafi, le norme,
un articolo dopo l’altro. Leggi,
costituzioni, mozioni, emendamenti.
Un disperato tentativo – l’unico che conta –
di scorgere il male, collegarlo con un nome,