Come ogni anno la benemerita associazione per gli interessi del Mezzogiorno, la Svimez, ci inonda di preziosi dati relativi al Sud che cambia. In meglio o in peggio. Stavolta il Rapporto offre numeri meno allarmanti rispetto al passato che indicano una leggera crescita del Sud. Attenzione, però. Dal prossimo anno si rischia di tornare al passato, con un rallentamento della crescita. E più avanti si va, più il rischio aumenta. A cominciare dal 2025, anno in cui il Mezzogiorno tornerà a correre meno del centro-nord per arrivare al 2050 quando l’Italia perderà 4,5 milioni di abitanti, l’82 per cento al Sud.
Tra i motivi della maggior crescita del Sud rispetto al Centro-nord il Rapporto Svimez indica l’effetto superbonus che ha consentito di incrementare l’industria delle costruzioni e il Pnrr utilizzato soprattutto nella grandi aree del Meridione, Napoli e Bari in primis. Il Pil della Campania ha fatto registrare la crescita più continua rispetto al resto del Mezzogiorno, ma sul futuro pesano macigni.
Indubbiamente i dati e le cifre consegnate alla pubblica opinione con il Rapporto Svimez non si fermano solo al “quanto è bello il Sud” ma affondano il bisturi nella decennale crisi che riguarda la disoccupazione, la forte migrazione giovanile, la spesa delle famiglie, lo spopolamento, i viaggi della speranza verso il nord per curare la propria salute. Nel biennio 2022- 2023, 7 donne italiane su 10, tra i 50-69 anni hanno avuto accesso agli screening mammografici a cadenza biennale, 5 su 10 nell’ambito di un programma organizzato. Questa media nazionale nasconde profondi differenziali territoriali. La prima regione per copertura è il Friuli-Venezia Giulia: 9 donne su 10, quasi 7 nell’ambito di un programma organizzato. L’ultima è la Calabria: solo 2 donne su 10, appena 1 su 10 nell’ambito di un programma organizzato. Nel 2022, la mobilità passiva ha interessato 629mila pazienti, il 44% dei quali residente in una regione del Sud. I Ssr meridionali hanno attirato 98mila pazienti, solo il 15% della mobilità attiva totale.. Complessivamente, i malati oncologici residenti nel Mezzogiorno che ricevono cure presso un Ssr di una regione del Centro-Nord sono 12 .4 01, circa il 20 % dei pazienti oncologici meridionali nello s p e c i fi c o i l 1 5 % è d e l l a C a m p a n i a e i l 4 1 % d e l l a Calabria. Al Sud non mancano le esperienze postive, come il modello innovativo della della Rete Oncologica Campana, sulle quali bisognerebbe investire per rafforzare l’offerta di percorsi di cura territorialmente omogenei e ridurre le diseguaglianze di accesso alle cure. Escludendo dai criteri di allocazione i fattori socioeconomici che impattano sui fabbisogni di cura e assistenza, il riparto regionale delle risorse per la sanità pena- lizza i cittadini delle regioni del Mezzo- giorno. La presa in conto di questi fattori (povertà, istruzione, deprivazione socia- le) renderebbe la distribuzione del finanziamento nazionale tra Ssr più coerente con le finalità di equità orizzontale del Ssn.
Potremmo continuare nell’elencazione dei difficili problemi che chiedono risposte, fino a giungere, per dirla con le paro- le del ministro Musumeci a “Nessuno ha la ricetta per il decollo del Sud”, in realtà nel Rapporto viene appena solo sfiorata la questione morale che rende prigioniero l’intero Mezzogiorno, dalla Sicilia alla Campania. Il costo pagato per la convivenza civile non ha limiti. La criminalità, che oggi travolge anche i ragazzi, ha un costo sociale senza limiti. L’inquinamento territoriale, gli abusi, l’illegalità sono tra gli elementi che si contrappongono ad ogni volontà di crescita. Allora è bene leggere i dati nella loro complessità e oltre l’aridità dei numeri.