La resa dei conti ci sarà domani. Dopo l’intervento di Elly Schlein per stoppare il terzo mandato, Vincenzo De Luca ha convocato in fretta e furia in mattinata un vertice di maggioranza per capire com’è il clima, se tutti sono disposti a immolarsi per la sua causa. Nel pomeriggio poi si riunirà di nuovo la prima commissione permanente per discutere della norma sul terzo mandato. Intanto c’è tensione all’interno del gruppo Pd. Mentre i centristi di Azione e Italia Viva restano invece fermi sulla posizione di De Luca.
Del resto, mercoledì scorso è stato Giuseppe Sommese, esponente di Azione– candidato quattro anni fa in una delle liste del Presidente – ad incardinare nella commissione di cui è presidente la legge sul terzo mandato. La commissione si sarebbe dovuta di nuovo riunire ieri. Però poco prima c’è stato il blitz della segretaria nazionale dem che ha ricordato ai consiglieri regionali pd che De Luca non sarà comunque il candidato del partito. E infatti la seduta è saltata a causa della assenze di alcuni dem.
Che ora sono in forte imbarazzo. Provano a trovare un modo per salvare almeno la forma, ovvero la faccia, per non sembrare troppo pedissequamente obbedienti al diktat del governatore e di conseguenza indisciplinati verso il loro partito, cioè verso i vertici romani. A mediare ci ha pensato il capogruppo pd Mario Casillo: il sì del Pd al terzo mandato sarebbe giustificato facendo passare la norma ad personam sul terzo mandato per una mini riforma della legge elettorale.
All’attenzione della commissione ci sono infatti due provvedimenti. Il primo che dice sì ad un terzo mandato per De Luca, che vuole fare in Campania come in Veneto, dove il presidente, in quota Lega, è in carica per la terza volta grazie ad un escamotage giuridico paradossale quanto semplice. La norma nazionale n.165 del 2004, (“Disposizioni in materia di ineleggibilità alla carica di presidente della Giunta regionale”), che Zaia ha fatto approvare e che ora De Luca vuole applicare anche in Campania, prevede infatti che “non è immediatamente rieleggibile alla carica di presidente della Giunta regionale chi, allo scadere del secondo mandato, ha già ricoperto ininterrottamente tale carica per due mandati consecutivi”.
Soprattutto la norma dice pure che “il computo dei mandati decorre da quello in corso di espletamento alla data di entrata in vigore della presente legge”. In buona sostanza se il governatore dovesse ricandidarsi, lo farà, secondo la legge, per il primo mandato.
Una singola norma salva-De Luca sarebbe stata però politicamente inaccettabile dal Nazareno. Ed è forse per tale motivazione che i dem chiedono parallelamente altri aggiustamenti alla legge elettorale: l’eliminazione del limite del 65% del premio di maggioranza; l’introduzione della soglia di sbarramento al 3 per cento anche per le liste collegate ad un Presidente che ottenga il 10 per cento dei voti; l’introduzione della sospensione dalla funzione di Consigliere regionale nel caso l’eletto venga nominato assessore regionale; l’introduzione della ineleggibilità dei sindaci dei Comuni campani e non solo di quelli dei Comuni superiori ai cinquemila abitanti.
Il gruppo Pd regionale tenta di approvare il terzo mandato De Luca per una ragione che non sia semplicemente la volontà del governatore. Non sembra bastare. Il Nazareno non ci sta.
“La cosa certa è che mentre loro litigano – De Luca contro la Schlein, deluchiani contro il Pd, diversamente Pd contro De Luca – i problemi dei campani sono completamente dimenticati. Lottano per la loro sopravvivenza mentre i campani soffrono per la loro esistenza”, osserva il senatore di Fratelli d’Italia, Antonio Iannone, commissario regionale del Partito in Campania.