Se non sappiamo quale sarà l’evoluzione dell’epidemia nelle prossime settimane, siamo già certi degli effetti sulla nostra economia. Tutti i virus, compreso quello cinese, fanno infatti più male a chi è già debilitato. E se prima viaggiavamo sul filo della recessione, adesso ne abbiamo la sicurezza. Bisognerà solo capire quanto sarà lunga e quanto grave, visto che c’è chi dice qualche decimale, ma anche chi prevede diversi punti percentuali.
Purtroppo, agli effetti oggettivi del Covid-19, dobbiamo aggiungere le reazioni (irrazionali) ad un virus sì pericoloso, ma che non è la peste bubbonica. Per cui (ci) siamo infettati in pieno del vero contagio, che è quello della paura. E in un mix di incapacità, irresponsabilità e allarmismo, la politica ha stabilito che lo scenario peggiore possibile fosse anche il più realistico. Salvo poi tornare indietro. Per cui, al di là delle misure di quarantena verso le zone del focolaio ci diverse incoerenze: le scuole chiuse in Lombardia mentre i ragazzi vanno a sciare e si ritrovano in 30 in cabinovia; scuole chiuse nelle Marche e in Friuli Venezia-Giulia, dove non è stato rilevato nemmeno un caso; oppure, prima si chiudono i bar di Milano dopo le 18, salvo cambiare idea due giorni dopo, mentre i ristoranti sono sempre rimasti aperti. E si potrebbe andare avanti a lungo.
Purtroppo, se si sbaglia la cura, per un malato grave può essere letale anche un raffreddore. E gli effetti collaterali diventano più dolorosi della malattia stessa. Così in una sola settimana la Borsa è crollata, lo spread è cresciuto, gli appuntamenti di lavoro vengono annullati, le prenotazioni cancellate, i pagamenti rinviati, i trasporti in difficoltà. Andiamo verso la paralisi totale, visto che il turismo è già completamente devastato (e vale circa il 10% del pil), moda, meccanica e automotive sono al collasso, le fiere sono cancellate o rinviate.
Insomma, bisogna agire subito. Perché rischiamo che, quando finirà l’emergenza, il nostro tessuto produttivo sarà talmente debilitato da non riprendersi più. E tanto più che potremmo ritrovarci nel mezzo di una recessione globale, servono contromisure. Immediate, pesanti e straordinarie. A partire da interventi fiscali e contributivi, sostegno al credito, ammortizzatori sociali e altre azioni “ordinarie”. A cui aggiungere massicce dosi di misure pro-impresa, come andiamo ripetendo da tempo su burocrazia, giustizia, semplificazione, pressione fiscale, infrastrutture, mercato del lavoro. E molto altro. Solo così, quando sar passata l’emergenza, avremo la possibilità di riabilitarci.