Aste Ok bis, il prossimo 15 ottobre sara’ discussa davanti al Gup del Tribunale di Napoli la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di otto indagati ed una società, per cui la Procura Antimafia ha chiesto il giudizio, la richiesta firmata dai pm antimafia Simona Rossi e Henry Jhon Woodcock e dal Procuratore Aggiunto Sergio Ferrigno.
L’Antimafia aveva chiuso qualche mese fa le indagini sul clan delle aste, gli otto imputati del processo definito nell’aprile scorso con una clamorosa ordinanza-sentenza di remissione degli atti alla Procura, perché il capo di accusa doveva essere riferito ad un clan autonomo e non al Nuovo Clan Partenio. I pm antimafia Henry Jhon Woodcock e Simona Rossi hanno firmato i nuovi avvisi e si preparano a chiedere un nuovo processo per associazione e concorso esterno ed una sfilza di reati fine.
GLI INDAGATI
Aprile Armando Pompeo, difeso dall’avvocato Alberico Villani, Barone Antonio, difeso di fiducia dall’avvocato Claudio Botti e dall ‘avvocato Caterina Migliaccio, Dello Russo Carlo, difeso dall’ Gaetano Aufiero, Formisano Gianluca, difeso dall’avvocato Carlo Taormina, Livia Forte, difesa dall’avvocato Roberto Saccomanno e dall’ avvocato Alfonso Furgiuele, del foro di Napoli, Nicola Galdieri, difeso dall’avvocato Gaetano Aufiero e dall’avvocato Claudio Davino, del foro di Napoli. Damiano Genovese, difeso dallavvocato Gerardo Santamaria e dall’avvocato Claudio Mauriello, Pagano Beniamino, difeso dall’avvocato Gaetano Aufiero.
LE NUOVE SCCUSE
Secondo la DDA di Napoli, il gruppo avrebbe creato una rete ben organizzata per condizionare il mercato delle aste giudiziarie, imponendo un sistema di controllo basato su intimidazioni e minacce. Gli indagati sono accusati di aver costituito un’associazione di stampo camorristico operante sul territorio avellinese, con l’obiettivo di ottenere profitti illeciti attraverso l’alterazione delle procedure esecutive immobiliari.
L’accusa individua tra i promotori del sodalizio Nicola Galdieri, Carlo Dello Russo, Beniamino Pagano, Livia Forte, Armando Pompeo Aprile e Damiano Genovese, mentre Antonio Barone e Gianluca Formisano sarebbero stati concorrenti esterni, fornendo supporto nelle operazioni del clan.
Il gruppo avrebbe agito sfruttando la forza di intimidazione tipica della criminalità organizzata, creando un clima di omertà e soggezione per gestire in modo illecito le aste immobiliari, in particolare quelle legate al Tribunale di Avellino. Le attività contestate includono estorsioni e turbativa d’asta aggravate dall’appartenenza a un’associazione mafiosa (ex art. 416 bis c.p.).
Secondo gli inquirenti, l’organizzazione avrebbe avuto una leadership ben definita. Livia Forte e Armando Pompeo Aprile sarebbero stati i veri promotori, con il compito di dirigere e finanziare le attività illecite legate alle aste. Il loro sistema, ormai rodato, si sarebbe basato su minacce e pressioni, anche indirette, per scoraggiare la partecipazione e garantirsi il controllo degli immobili messi all’asta.
Antonio Barone e Gianluca Formisano, invece, vengono accusati di concorso esterno. Dal 2019 in poi, avrebbero eseguito sopralluoghi sugli immobili oggetto delle aste e si sarebbero interfacciati direttamente con i proprietari, agendo su indicazione di Forte e Aprile. In alcuni casi, avrebbero operato in autonomia, ma sempre con l’intesa di riferire agli altri membri del gruppo e spartire i proventi delle operazioni.