di Giovanni Tranfaglia
Può la memoria della Shoah essere legata solo al ricordo e alla testimonianza viva e dolorosa di chi porta negli occhi e sulla propria pelle le immagini e i segni della violenza feroce e inaudita dei lager nazisti?
Fino a qualche anno fa questa domanda sarebbe apparsa non solo antistorica, ma anche inutilmente retorica.
In questi anni la senatrice Liliana Segre, con la sua attiva opera di testimonianza, rivolta soprattutto ai giovani, ci è apparsa convinta e fiduciosa che quella memoria potesse essere coltivata come un tesoro tragico e allo stesso tempo prezioso, e come un antidoto perché nel futuro simili fatti non avessero a ripetersi.
Ma la stessa senatrice, qualche giorno fa, ha detto che fra qualche anno, quando inevitabilmente saranno scomparsi tutti i testimoni diretti, “della Shoah non resterà che qualche riga nei libri di storia”, mostrando che il pessimismo più amaro ha ormai preso il posto di quello speranzoso ottimismo.
Una considerazione, quella della Segre, che purtroppo sembra trovare fondamento non solo in tristi vicende personali (il trovarsi sotto scorta per le continue minacci di fanatici antisemiti), ma anche per l’evolversi del quadro politico, nazionale e soprattutto internazionale, con particolare riferimento all’Occidente.
In tutta Europa, e anche nella Germania, crescono i consensi verso le destre. Il rieletto presidente degli Stati Uniti Trump, appena insediato, ha già emanato una serie di decreti che vanno nel segno di un mancato rispetto di elementari diritti umani, in particolare per i migranti, di una limitazione di misure di assistenza rivolte ai soggetti più deboli, e di una disinvolta applicazione del principio di legalità.
In tutti questi casi non si tratta di destre conservatrici, ma di destre estreme, che rispolverano, spesso in maniera diretta ed esplicita, altre volte ambigua, argomenti e simboli che al fascismo e al nazismo si richiamano.
La conseguenza di tutto ciò è che aumenti il numero dei negazionisti, o che almeno abbiano più voce, e che si diffonda l’indifferenza e il disinteresse rispetto al nostro ancora recente passato.
Il disinteresse l’indifferenza e il disimpegno resero possibile ieri il fascismo e il nazismo; oggi, se accoppiati alla dimenticanza del passato, potrebbero, se non riportarci a quei tempi bui, certo favorire la trasformazione delle nostre democrazie in autocrazie.
La difesa dei diritti umani e civili ogni giorno minaccia di arretrare rispetto all’unico principio cui le destre dedicano attenzione, quello della sicurezza. Mentre si sottolinea a parole il valore della democrazia procede l’operazione per svuotarla dal di dentro, con sempre minori garanzie, a partire dal diritto alla salute e alla istruzione.
Nella attuale ricorrenza del Giorno della Memoria un peso innegabile hanno la vicenda israelo-palestinese, e la risposta che Israele ha dato, sta dando, all’efferato eccidio di Hamas del 7 ottobre 2023, e che appare sproporzionata ed eccessiva, per metodo, intensità e durata.
Due cose, Gaza e la Shoah, distinte e lontane, e che pure, come dice il giornalista ebreo Gad Lerner, sono state negli ultimi tempi spesso evocate insieme.
In un articolo sulla Giornata della memoria di quest’anno, dal titolo significativo , SE QUESTO E’ UN UOMO, OTTANT’ANNI DOPO, Lerner sottolinea come “fatichiamo a disgiungere nella nostra sensibilità queste due tragedie in apparenza così lontane, benché la loro incommensurabilità numerica dovrebbe risultare evidente: milioni di innocenti persero la vita nell’industria dello sterminio pianificato nei lager; decine di migliaia sono le persone uccise a Gaza dai soldati israeliani in una sorta di punizione collettiva ininterrotta di quindici mesi.”
Tuttavia Gaza e Shoah sono due cose diverse e distinte, come diversi e distinti sono la critica alla politiche dello Stato di Israele e l’antisemitismo.
Oggi la celebrazione del giorno della memoria può essere più vera e importante proprio perché meno rituale e condivisa, proprio perché siamo tutti costretti a confrontarci con il pericolo di un cammino a ritroso delle nostre democrazie occidentali.
L’impegno dell’ANPI in questa direzione è più che mai chiaro, e è espresso, in maniera graficamente felice e netta, dalla scritta: 27 gennaio 2025 – Giornata della Memoria, oggi, sempre, con sullo sfondo l’immagine di anonimi deportati in fila all’interno di un lager nazista, e il richiamo alle varie categorie di internati, Ebrei, zingari, omosessuali, ecc., tutti accomunati in un unico tragico destino dii disumanizzazione e di morte.
Un impegno che è inscritto nella storia e nel DNA dell’ANPI, perché, per il loro significato, di ricordo e insieme di lotta e di vittoria contro la barbarie nazifascista, la giornata della memoria è strettamente e indissolubilmente legata al 25 aprile1945.
*Anpi Forino-Contrada