La campagna elettorale fa irruzione nella vita del governo nel momento più delicato, che è quello della preparazione del Documento di economia e finanza che fra pochi giorni dovrà presentare al Parlamento e all’Europa le reali previsioni sull’andamento dei conti pubblici dopo che i primi mesi del 2019 hanno clamorosamente smentito quelle trionfalmente anticipate nel bilancio giallo-verde di dicembre. Logica vorrebbe che, a fronte dei dati negativi su crescita, debito e occupazione, i partner della maggioranza, chiuso il libro dei sogni, aprissero quello del confronto con la realtà ma, a poche settimane da un voto che potrebbe segnare lo spartiacque della legislatura, è difficile che ciò avvenga. “La campagna elettorale non deve entrare nel governo”, avrebbe detto il presidente del Consiglio all’inizio di una riunione in cui sono volate parole grosse; ma a quanto pare lo scongiuro non è servito allo scopo. Per il momento nel mirino della polemica c’è il ministro dell’Economia Giovanni Tria, un tecnico prestato all’attività ministeriale, privo di appoggi politici e per ciò stesso facile bersaglio del tiro incrociato di Cinque Stelle e Lega; ma è facile capire che la sua figura serve solo a mascherare una rivalità che è ormai palesemente esibita come argomento di propaganda. In ballo c’è il futuro della coalizione e del governo che ne è nato. Gli ultimi sondaggi mostrano che a fronte di una moderata ripresa dei democratici, i Cinque Stelle continuano a perdere terreno e la Lega ha forse raggiunto l’apice dei consensi. Il blocco degli sbarchi segna l’inaridirsi della fonte primaria di un successo già travolgente, mentre l’esplosone del disagio sociale con venature razziste come nel caso di Torre Maura a Roma non porta voti al partito di Salvini ma semmai a formazioni di destra estrema incompatibili con una prospettiva di governo. Per realizzare la sua ambizione di leadership, finora consegnata prevalentemente a slogan giornalistici, il capo leghista deve dimostrare di avere un programma ad ampio spettro. Gli ultimi sondaggi demoscopici rivelano che in cima alle priorità degli italiani non c’è più la sicurezza (o il suo risvolto, la paura) ma il lavoro, le tasse, l’ambiente, la qualità della vita: insomma l’economia; e su questi temi il bilancio della Lega è magro. La tassa piatta tanto sbandierata in campagna elettorale si è persa nei meandri della legislazione e non ha raggiunto individui e famiglie; mentre Salvini è il primo a mostrare insoddisfazione per provvedimenti come lo sblocca cantieri o il decreto crescita. Sui sta confermando, insomma, che la ricchezza non aumenta per decreto; e allora è tutto un rincorrersi fra alleati per esaltare più che il proprio successo, il fallimento dell’altro. Non solo, ma a stare alle ricostruzioni giornalistiche, confermate però da dichiarazioni non smentite, ad alimentare una disputa ormai aperta sono entrati anche dossier riservati, per il momento utilizzati contro il ministro indisciplinato, ma pronti ad essere impiegati a tutto campo. “Ne hanno su tutti, anche su di noi”, ha detto il sottosegretario Giorgetti della Lega, e in qualche modo l’esistenza di una “intelligence” pentastellata è stata confermata anche da esponenti di questo partito. Non un buon avvio di una campagna elettorale che potrebbe insidiare il governo.
di Guido Bossa