Un Comitato per fermare l’arrivo di Fonderie Pisano nell’area industriale di Luogosano. La dura presa di posizione del sindaco Carmine Ferrante contro il nuovo insediamento sembra aver avuto l’effetto di risvegliare la piccola comunità irpina che, dopo un primo confronto pubblico nel locale teatro, sembra intenzionata a costituire un Comitato, con l’obiettivo di fare fronte comune contro l’azienda salernitana destinata, in base all’accordo sottoscritto lo scorso 21 Novembre in Regione, a subentrare all’ArcelorMittal. Pomo della discordia la tipologia di attività che, a detta del primo cittadino e di una buona fetta di concittadini, non sarebbero “idonee e compatibili con il contesto territoriale dove vorrebbe essere inserite”.
Una linea che, oltre all’appoggio della comunità, ha trovato il sostegno anche di una parte di sindacato, in particolare quella che, fin dall’avvio delle trattative, non ha esitato a manifestare dubbi e preoccupazioni sul futuro dei lavoratori e dell’attività industriale di Luogosano. La Uilm e la Ugl, infatti, non hanno sottoscritto l’accordo, puntando il dito contro una scelta che, a detta dei segretari provinciali Altieri e Iacovacci, non garantirebbe i lavoratori e la stessa produzione industriale. Diversa la posizione di Fiom Cgil e Fim Cisl, firmatarie dell’accordo, che mercoledì 10 dicembre, in conferenza stampa, si soffermeranno sul nuovo piano di reindustrializzazione e sul dibattito aperto in questi giorni dal post pubblicato dal sindaco sulla propria pagina Facebook.
Sullo sfondo la posizione di Fonderie Pisano che, nel rimarcare che nella nuova attività, che prevede la produzione di manufatti stradali in ghisa e attività di meccanica pesante, sarebbero utilizzati forni elettrici a basso impatto, sembra iniziare a mettere in discussione il nuovo investimento. La levata di scudi che arriva da Luogosano potrebbe infatti spingere l’azienda con sede a Salerno a rivedere la propria scelta, peraltro legata ad una serie di autorizzazioni ambientali. Sul piatto ci sarebbe un investimento di circa 20 milioni e un piano di rilancio che, una volta a regime, prevederebbe il raddoppio degli attuali livelli occupazionali, fermi a quota 33 dipendenti. Durante la fase di ristrutturazione aziendale, i lavoratori sarebbero collocati in NASpI con un’integrazione economica riconosciuta dall’azienda, che si farà carico di un percorso di formazione dedicato.



