Sarà la suggestiva cornice di villa De Marco a Montella ad accogliere dal 5 agosto l’omaggio a Don Diego Cavaniglia ed al monumento degli innamorati in San Francesco aFolloni: tra mito, natura, virtù, fede, amore e morte, promosso dall’Officina Culturale “La Casa di Giuseppe Casciaro” di Nusco/sede operativa Rocca San Felice, presieduta da Giovanni Marino, con il patrocinio del Comune di Montella e della Comunità Montana Terminio Cervialto
Don Diego Cavaniglia conte di Montella, modello ideale del cavaliere rinascimentale e il suo cenotafio che si può ammirare nella sacrestia della chiesa di San Francesco a Folloni, monumento culturale di pregio, segno di un glorioso passato, autentico fiore all’occhiello tra le vestigia storiche dell’Irpinia diventa fonte di ispirazione per nuove opere plastiche, pittoriche e poetiche in cui “L’arte contemporanea dialoga con la storia”.
Dagli splendidi paesaggi che circondano questi luoghi, che in passato hanno ispirato i vedutisti napoletani e lo stesso Michele Lenzi, noto pittore paesaggista che fu anche sindaco di Bagnoli Irpino all’ amore cortese cantato dal montellese Rinaldo d’Aquino, poeta vicino a Federico II di Svevia ed esponente della scuola poetica siciliana. Dal Sannazzaro ospite dei conti Cavaniglia, nel palazzo di corte di Montella, ove sembra, abbia scritto la sua Arcadia, ispirato dai monti Picentini all’etica e le virtù a cui fanno riferimento le cariatidi del monumento a Don Diego scolpito dal marmoraio Jacopo Della Pila alla fede e i conflitti di religione che ancora non si riescono a superare.
Come spiega il Vescovo Don Pasquale Cascio, nella premessa al catalogo della mostra su San Michele Arcangelo, tenutasi a Sturno nel mese di settembre 2020: “Ogni vero artista creatore di immagini è l’essere più vicino al divino, proprio per questo ha il potere di creare dal nulla un universo, e nel bene e nel male ha la possibilità di potersi riconoscere ed emozionarsi ”.
“Abbiamo il dovere, di far sentire la voce dell’Arte – spiega il curatore Francesco Caloia – in questi tempi particolarmente complessi, in un mondo in continua frammentazione, in cui il materialismo e il consumismo hanno preso il posto della soggettività ed unicità di ciascuno, dove L’homo sapiens si agita spaesato nella realtà virtuale delle relazioni liquide prive di umanità, e che tra l’altro sollevano dubbi inquietanti nell’ibridismo dei linguaggi e dell’intelligenza artificiale. Viviamo in un mondo appiattito sugli schermi degli smarthfone, così da confondere bidimensionalità e tridimensionalità, realtà e finzione, verità e fake news, informazione di propaganda e dati certi. Ma la transizione digitale e lo sviluppo informatico, aprendosi alle innovazioni e guardando al futuro dei giovani, offrono anche l’opportunità di ripensare il tradizionale capitalismo basato sul consumo usa e getta e sul profitto predatorio. Risulta così evidente come la transizione tecnologica, nell’offrire all’uomo vantaggi pratici, cerca di “umanizzarsi” nel caotico intreccio tra ancestralità e modernità, attraverso la sperimentazione e l’uso sempre più diffuso della “machina loquens”, ossia degli artefatti “parlanti” come telefoni e tablet (vedi Benito Melchionna)”. Di qui l’invito a promuovere un atto sociale, politico e salvifico, partendo dal “microcosmo interpersonale” per raccontare il “macrocosmo umano”, fatto di relazioni, oggetti, corpi, spazi, pensando all’arte in questo periodo come un seme per educare giovani e meno giovani del nostro territorio alla bellezza, facendoli immergere in modo altro, nelle atmosfere del passato e del presente, per ridurre gli elementi di disuguaglianza territoriali e sociali e proporre momenti culturali e artistici a tutti coloro che possono fruirne per nutrire lo spirito.
Le Virtù realizzate da Jacopo della Pila per il monumento a Don Diego Cavaniglia in San Francesco a Folloni diventano l’occasione per interrogarci sul nostro tempo, dal rapporto conflittuale con natura e paesaggio alle guerre.
“Secondo una prospettiva classica, riconducibile a Platone – spiega Caloia – la virtù si lega al bello oltre che al bene. Occorrerebbe quindi dare più ascolto all’idea di bellezza come splendore del vero oltre che come matura realizzazione delle proprie dotazioni individuali. Se il “vero umano” non è altro che la consapevolezza rispetto alla propria condizione oggettiva e soggettiva, gli uomini se vogliono realizzare pienamente se stessi, devono tornare a conoscere i loro limiti e i vizi in cui si può scivolare, se non amorevolmente curati (la vera cura di sé). Per in Greci, che vivevano in un mondo metafisico: la realtà non era solo quella materiale che vedevano, ma per loro esisteva ed era più importante, quella che non si vedeva. Tutto ciò che esiste non è frutto del caso ma deriva da un Logos, un ordine universale; e ha un fine, uno scopo. Ogni cosa esiste per un motivo e questo è lo scopo per cui quella cosa esiste. Il motivo e lo scopo di ciascun uomo è quello «di diventare ciò che è destinato ad essere».
Anche se, sia per i greci che per i latini, la vita virtuosa non aveva un significato religioso. Fu poi il cristianesimo a far coincidere la vita virtuosa con la pienezza della vita religiosa. Infatti per la Chiesa il massimo di vita felice è la santità, «l’esercizio eroico delle virtù». L’uomo si compie diventando come Cristo, alter Christus. Imitando Cristo, diventando come lui, l’uomo realizza se stesso. «Il prototipo dell’uomo virtuoso è quindi l’eroe e l’eroe ha assunto nell’Occidente cristiano, una sembianza ben precisa, quella del cavaliere». Naturalmente non del cavaliere avventuriero, prepotente, per intenderci, «colui al quale piace la violenza». Ma, naturalmente al cavaliere come Don Diego che dedica l’intera vita al perseguimento delle virtù. Anche la donna era educata un tempo a credere che i comportamenti retti fossero più nobili rispetto ad una vita guidata dal vizio. Una cosa è certa, quello delle virtù è un tema senz’altro attuale ed i comportamenti virtuosi sono oramai necessari e indispensabili se vogliamo salvare l’intero pianeta”.
L’inaugurazione si terrà il 5 agosto alla presenza del curatore Francesco Caloia, di Teodoro Boccuzzi, presidente della Comunità Montana Terminio Cervialto, di Rino Buonopane, sindaco di Montella e presidente della Provincia, di Gianni Marino, presidente dell’Officina Giuseppe Casciaro, di don Salvatore Sciannamea, rettore del Goleto
L’Officina culturale Giuseppe Casciaro di Nusco, in occasione dell’inaugurazione della mostra su proposta del curatore prof Francesco Caloia ha deciso di premiare l’artista più anziano e l’artista più giovane che hanno partecipato all’esposizione, pertanto sarà conferita una targa con un bassorilievo che riproduce “La Madonna del mausoleo di Don Diego Cavaniglia“ di Jacopo della Pila, riprodotta dalla scultore e maestro arianese di arte sacra nonché docente del Liceo Artistico Ruggero Il di Ariano Irpino Flavio Grasso. Saranno premiati il Maestro Enzo Angiuoni con un premio alla carriera d’artista e promotore d’arte e Lucienne Delfinetti, giovane e promettente studentessa del Liceo Artistico “Maiorana” di Grottaminarda con un premio quale augurio per una brillante carriera d’artista.
Da ricordare inoltre che nel corso della cerimonia di inaugurazione saranno declamate dagli autori Gaetano Calabrese poeta errante dell’Irpinia, Giuseppe Iuliano, Moina Gaita, Rocco Granese e Tancredi Di Cicilia poesie inedite su Don Diego Cavaniglia conte di Montella.
Artisti in mostra
Alessandro Norelli, Alessandro Papari, Anna Coluccino, Anselmo Di Paola, Antonio Restaino, Carmen Delle Donne, Dina Pascucci, Emidio N. De Rogatis, Emilio Bellofatto, Enzo Angiuoni, Fabiana Minieri, Felice Storti, Flavio Grasso, Francesco Caloia, Gala Mirabella, Giovanni Losanno, Giuseppe A. De Respinis, Giuseppe Di Marino, Iolanda Taurasi, Lucienne Delfinetti, Luigi Prudente, Marco Memoli, Michele Prudente, Moira Dell’Infante, Nadia Marano, Nicola Guarino, Rosa Andreottola, Tony Salvo, Salvatore Pastore, Salvatore Pizza (Anonimo Reggiano).