Un viaggio nell’universo dell’infanzia, per raccontare il mondo attraverso lo sguardo dei piccoli. E’ la raccolta di “E l’orchipilenco?” di Antonella Festa, edito dal Papavero. Sarà presentato il 29 giugno, alle 17,30, al Circolo della stampa. A confrontarsi con l’autrice l’editore Martina Bruno e Marco Grasso, direttore network “Persone e sociale”. Modera Floriana Guerriero
Festa riparte dalla figura dell’Orchipilenco, protagonista della precedente raccolta, un richiamo presente nel titolo, che finisce per disorientare il lettore, poichè la misteriosa figura, nata dalla fantasia dell’autrice nei giorni del lockdown, è pressochè assente, per comparire solo nell’ultimo componimento. “Questa strana creatura guardata – così scrive Gerardo Pepe nella prefazione al precedente volume – nel suo tragicomico rapportarsi alla vita, con partecipata ironia, (di pirandelliana memoria), per il suo non convenzionale approccio ai sentimenti, alle persone, agli eventi. L’orchipilenco vive ai margini di una condizione sociale ed esistenziale che privilegia l’arrivismo, il presenzialismo, il sapersi destreggiare tra l’apparire e l’essere, dove ad avere la meglio è chi ha come fine ultimo, il proprio tornaconto personale”.
E’, poi, la stessa autrice a rassicurarci, la strana creatura non è scomparsa ma “Guarda divertito/il tuo nasconderti dietro a un dito,/l’incessante arrabattarti, l’assillante arrovellarti,/per cercare di salvarti”.
Un volume che parla a grandi piccini, attraverso l’espediente della filastrocca raccontando di un tempo in cui non c’è posto per la fede e l’umanità, di qui il richiamo costante ai valori incarnati dall’orchipilenco che non si riconosce nel mondo di oggi. Tanto che tutti sembravano aver dimenticato chi sono le Muse e l’arte e’ sempre più relegata ai margini “La loro intercessione/non è più oggetto di invocazione./Da altre fonti sono state rimpiazzate (da pseudointellettuali con le loro trovate./L’ordinario la fa da padrone/nel regno dell’approssimazione, /dove la regola imperante è restare ignorante”.
Un itinerario che si fa anche omaggio alla città di Napoli, caotica e rumorosa, ma anche simbolo di accoglienza “La secolare indolenza/forse è solo impotenza/di non poter cambiare la sorte,/ ridendo e cantando forte, /per farsi amica la morte”. Piccole storie come quelle che prendono forma ne “Il compleanno di Cristina” che parte dalla canzone di Venditti per raccontare le speranze svanite di tanti giovani “Marta ormai non si ribella/tra il salario e la pagella/ha smesso di pregare/urlando sottovoce la sua speranza di cambiare. /Maria Maddalena, perduta e innocente, /il suo amore è acerbo, ma non mente. /Su uno scoglio abbandonato, /Aicha il suo riscatto non ha trovato, /insieme ad altri mille fratelli/perduti tra le onde come fuscelli”. Dallo scrittore Vittore che ha scelto di rinunciare alle parole “Con il tempo ha imparato/ad apprezzare il contenuto/del linguaggio muto,/di chi dal parlare si è astenuto, ritagliandosi ogni tanto una parolina,/che faccia tornare l’anima bambina”. A Giulia che si ribella alle convenzioni “nel disordine annega/e del ragno se ne frega:/la sua vita è troppo preziosa/per trovare il posto ad ogni cosa./Dipinge, scrive e balla/con le ali di una farfalla/alle convenzioni non bada
e vive per la strada”. Sullo sfondo una società dominata da sete di denaro, in cui non c’ rispetto per l’ambiente in cui si vive “L’albero si è stancato/di dare ossigeno/a chi l’ha sfregiato, tagliato, bruciato/incurante del suo ancestrale significato”. Né la giustizia divina può offrire consolazione poichè divinità e uomini appaiono ugualmente indifferenti alle sofferenze degli altri, come Antonella ci ricorda nei componimenti dedicati alla mitologia, sua grande passione. Costanti i riferimenti alla musica, da Battiato con la sua ricerca di un centro di gravità permanente, che si fa simbolo di quell’equilibrio difficile da raggiungere per tutti, a Dalla, dalla sofferenza di Caruso all’inquietudine di Anna e Marco
Anche se la speranza resta quella di un mondo “Dove per magia/non conta l’etnia,/né il genere, né la ricchezza, /ma in cui l’unica bellezza/è essere diversi e uguali,/liberi di volare con le proprie ali”. E dove ragazzi come Brown, con la sindrome di down, non debbano finire sui giornali ma possano trovare il proprio posto nel mondo.
Forse l’unica salvezza, sembra dirci l’autrice, è nell’arte che riesce a dare un ordine all’universo. Festa da anni è impegnata nell’AIPD (Associazione Italiana Persone Down) sez. di Avellino, in qualità di coordinatrice responsabile del Gruppo appartamento per il dopo di noi “Casa Futura” di Mercogliano e come genitore di un ragazzo con Sindrome di Down ed è lei stessa artista