Era un legame forte quello tra il Maestro Roberto De Simone, scomparso ieri all’età di 91 anni e l’Irpinia. Un legame evidente nella passione del musicologo e regista partenopeo per le tradizioni del territorio, per la cultura popolare irpina, a partire dalle zeze fino a canti e fiabe popolari. Più volte spiegherà di essere stato conquistato dalla Zeza di Bellizzi, dichiarata nel 1974 patrimonio storico-culturale della regione Campania, sottolineandone il valore nell’opera scritta insieme ad Annabella Rossi, Carnevale si chiamava Vincenzo, Roma 1977. “La Zeza – spiegava De Simone – è espressione dell’agire teatrale, che non è da intendersi come segno o cultura del divertimento ma come espressione di una collettività che rappresenta se stessa nello spazio e nel tempo”.
Un’attenzione, quella legata all’Irpinia, evidente già nel bellissimo volume “Racconti e storie per i 12 giorni di Natale — Fiabe popolari della Campania” pubblicato nel 1987 come strenna, che “ fermava” nel tempo una serie di registrazioni effettuate da studioso sul campo tra il 1967 e il 1986. Lo sguardo era rivolto a quel territorio dove esisteva « una cultura dell’immaginario collettivo non ancora totalmente disgregata». A curare le illustrazioni delle opere di De Simone un irpino doc, il maestro Gennaro Vallifuoco, dalle “Fiabe Campane”, pubblicate da Einaudi nel 1994, “Il presepe popolare napoletano”, Einaudi, 1997, “Il Pentamerone, o Lo Cunto de li Cunti, di G. B. Basile nella riscrittura di Roberto De Simone”, Einaudi, 2002, “Son sei sorelle. Rituali e canti della tradizione campana”, Squilibri 2010. Fino alla scenografia per l’opera lirica “Il Re Bello” di Roberto De Simone, al teatro La Pergola di Firenze nel 2004. Un legame consolidato dall’amicizia con lo storico delle tradizioni popolari Aniello Russo. Più volte aveva voluto essere presente in Irpinia per presentare gli studi di Russo dedicati alla cultura popolare irpina
A Carlo Gesualdo De Simone aveva dedicato un prezioso volume “Cinque voci per Gesualdo” presentato al Cimarosa per ribadire che «Carlo Gesualdo resta ancora oggi un mistero da svelare. Un artista tutto da scoprire, la cui genialità è stata offuscata da una sceneggiata di corna. Ancora oggi si commette l’errore di leggerlo nella maniera sbagliata, allontanandosi dal contesto in cui era inserita la sua musica». Nel parlare dell’illustra madrigalista De Simone sottolineava che «Qualsiasi indagine che riguardi Gesualdo – prosegue De Simone – deve collocarsi sul piano della vocalità, a partire dal rapporto tra oralità e scrittura. Ecco perché la sua musica ci parla ancora del tempo presente, ci mette in guardia dal considerare la scrittura l’unica fonte possibile. Sappiamo ancora troppo poco su di lui ma quel che è certo è che rimane uno dei musicisti più grandi della storia della musica. Il melodismo della sua musica sorprende per i sorprendenti salti da una vocalità all’altra». Di qui la scelta di puntare nella sua opera su provocazioni che tirano in ballo Jack lo Squartatore, Giordano Bruno, Pasolini e Lady Diana: «L’obiettivo è quello di sgombrare il campo da quelle che appaiono certezze ma sono solo approssimazioni, riscoprendo il valore della ricerca basata sul legame tra oralità e scrittura».
Fino al mistero sull’omicidio della moglie Maria D’Avalos: «Tutto ciò che sappiamo – proseguiva – è legato alle carte del processo portato avanti in maniera precipitosa dal viceré, per chiudere una vicenda che era certamente delicata. Riguardava, infatti, i rapporti della Spagna con la Napoli nobiliare in un momento in cui c’era grande fermento per le elezioni del Papa e lo zio di Carlo era tra i papabili e alle relazioni dei Corona. Tanti gli elementi contraddittori, non possiamo essere sicuri neppure se Fabrizio avesse davvero una relazione con Maria o fosse solo un amante occasionale, se si sia trattato soltanto di una montatura con il corpo di Fabrizio trasportato nel letto di Maria, se sia stato un delitto d’onore o un omicidio premeditato se è vero che Gesualdo aveva finto una battuta di caccia per sorprendere gli amanti». Per concludere che alla fine «tutto questo ci interessa solo in parte, ciò che è determinante è studiare Carlo Gesualdo come musicista, a partire dalla sua capacità di scrivere partiture, valutando il peso delle singole voci, alla costante ricerca di strumenti nuovi. Se prescindiamo dalla vocalità del tempo, non potremo mai comprendere Gesualdo». Nel 2005 aveva ricevuto la cittadinanza onoraria del Comune di Gesualdo, esprimendo il desiderio di essere sepolto nel centro irpino
Tanti i messaggi di cordoglio in Irpinia. Il gruppo “Insieme per Gesualdo” ricorda “il legame privilegiato che De Simone aveva con la terra di Gesualdo, di cui era diventato a pieno titolo cittadino onorario. Il conferimento della cittadinanza onoraria è avvenuta con delibera del Comune di Gesualdo del 17 giugno 2005, celebrata poi con manifestazione pubblica l’11 marzo 2006. In quell’occasione De Simone espresse finanche il desiderio di essere seppellito a Gesualdo, a testimonianza dell’interesse coltivato verso la musica del Principe, al cui studio ha dedicato contributi di rilievo. Memorabile la sua partecipazione, insieme a Mimmo Paladino, alla Giornata a lui dedicata nell’ambito del quarto centenario della morte di Carlo Gesualdo svoltosi nel 2013. Prodigo di consigli verso l’Amministrazione cittadina, De Simone più volte ha inteso affidare alla Comunità di Gesualdo il compito di mettere a frutto l’eredità artistica del Principe. Alcuni percorsi da lui suggeriti, come l’istituzione di una Scuola dedicata allo studio della vocalità gesualdiana, la costituzione di un Museo degli Strumenti musicali antichi presso il Castello di Gesualdo e l’approfondimento qui dei Responsoria, meritano indubbiamente di essere messi a frutto”.
Giuseppina Finno dell’Istituto di studi Gesualdiani ricorda come “Il progetto: “Gesualdo domani” verso orizzonti nuovi, promosso dall’Istiuto di Studi Gesualdiani elaborato dall’allora Direttore scientifico il Professore Giuseppe Mastrominico nel settembre 2013 in occasione delle celebrazioni per i 400 dalla morte del Principe Madrigalista, ci diede la possibilità di consolidare una collaborazione attiva con il Maestro De Simone, iniziata in occasione della sua venuta a Gesualdo, quando gli fu conferita la Cittadinanza onoraria: ebbi personalmente la possibilità di fargli una breve intervista, inserita in una mia pubblicazione : ”Conversazioni Gesualdiane” Gesualdo edizioni. Mio orgoglio! Il Maestro sempre disponibile nei nostri riguardi partecipò alle nostre iniziative inerenti il IV centenario dalla morte di Carlo Gesualdo, nel 2013, che videro tra l’altro un omaggio al Maestro, in occasione dei suoi 80 anni. Fu una settimana molto intensa, ricca di eventi, promossa dall’Istituto di Studi Gesualdiani e il Comune di Gesualdo, sotto il patrocinio della Presidenza del Consiglio. Si rilevò una vera e propria fucina d’idee: un laboratorio progettuale rivolto a creare ricadute salde e durevoli sul territorio irpino, a iniziare o rafforzare alcune basilari cooperazioni, tra cui quella con il Maestro De Simone. Una settimana in cui si è discusso di come il madrigalista Gesualdo rappresenta, oggi più che mai, un personaggio chiave della modernità: di qui l’idea di tracciare un percorso sulle orme del genio gesualdiano con l’obiettivo di valorizzare la singolarità della sua opera, “dichiarata quale bene intangibile della cultura occidentale”.
La kermesse gesualdiana spaziò dalla prima e documentata biografia dedicata al Principe Madrigalista, “Carlo Gesualdo, l’uomo e i tempi” di Domenico Vaccaro, alla presentazione in anteprima, da parte del Maestro Roberto De Simone, della sua ultima opera su Gesualdo, “Cinque voci per Gesualdo” (Einaudi Editore), omaggio al Principe dei Musici: il Maestro sovrappone spesso all’infedeltà coniugale un’interdipendenza di complotti “politico-religiosi”, mescolati a “ossessioni demoniache”. A contrassegnare l’eccezionalità delle celebrazioni va posto l’accento anche sul prezioso gemellaggio artistico avvenuto tra Gesualdo e il Ravello Festival, grazie a Mimmo Paladino, “grande presenza dell’arte contemporanea artistica” che con il suo “Labyrinthus”, un cortometraggio a sua firma con la voce di Alessandro Haber, accompagnato dalla chitarra di Franco Mussida, ha dato voce alle ultime volontà del Principe. Il documentario in continuità con la scultura che Paladino ha dedicato al genio gesualdiano, nella Villa Rufolo di Ravello, è stato presentato prima a Ravello e l’otto settembre a Gesualdo”.
A sottolineare il contributo offerto alla ricerca sulle tradizioni d’Irpinia anche il presidente Unpli Giuseppe Silvestri “Vivo il cordoglio delle Pro Loco Irpine e dei Gruppi Carnevaleschi per la scomparsa del Maestro Roberto De Simone di fama internazionale, studioso anche dei Carnevali Irpini. Grazie Maestro Roberto De Simone per il sostegno che ci hai dato”
Roberto D’Agnese, anima della Scuola di Tarantella Montemaranese, ricorda come “Oggi la cultura popolare perde uno dei suoi più grandi maestri. Con profonda commozione salutiamo il Maestro Roberto De Simone, figura immensa della nostra tradizione, custode della memoria, instancabile ricercatore, artista e uomo di teatro che ha saputo raccontare l’anima del Sud come nessun altro. A lui dobbiamo tanto. A lui dobbiamo la riscoperta di canti, riti, suoni e simboli che rischiavano di perdersi nel tempo. A lui dobbiamo emozioni che hanno segnato intere generazioni, e un’eredità culturale che continuerà a vivere in chi, come noi, ama e difende la tradizione popolare. Grazie Maestro. Che la terra ti sia lieve. Ci lasci un patrimonio inestimabile. Noi lo custodiremo con gratitudine e rispetto”.
A rendergli omaggio è anche la zeza di Bellizzi, guidata da Ennio Spartano “Ci ha lasciati un grande Maestro, un uomo a cui dobbiamo tanto… Era forte ed indissolubile il legame tra la nostra Zeza e l’etnomusicologo Roberto De Simone, il quale affermava che conoscere la Zeza di Bellizzi significa conoscere meglio “i segreti” della maschera partenopea e cosa la tradizione custodisca. In più occasioni non ha esitato a definirla “unica ed inimitabile” non a caso ne estrapolò musica e testi, i quali furono riportati nella sua opera “Carnevale si chiama Vincenzo” e furono anche protagonisti al Festival dei due Mondi di Spoleto nella Celebre Gatta Cenerentola. “La Zeza” spiegava De Simone “è espressione dell’agire teatrale, che non è da intendersi come segno o cultura del divertimento ma come espressione di una collettività che rappresenta se stessa nello spazio e nel tempo”.
Un amore reciproco era il nostro e fu un onore per noi insignirlo nel Febbraio 2018 del nostro premio Terra di Zeza.
La vita è un palcoscenico e arriverà per tutti il giorno in cui si spegneranno le luci e calerà il sipario, ma quelli come Roberto che hanno lasciato un segno continueranno a vivere nella memoria di tutti noi, perchè è anche questo il senso della nostra tradizione, ricordare al suono di ogni nota chi l’ha amata e chi nel suo piccolo o in maniera più plateale ha fatto in modo che nel tempo fosse resa sempre più forte e mai dimenticata! Ti siamo grati Roberto, oggi e per sempre!”
Commosso anche lo studioso di tradizioni popolari Luigi D’Agnese “Ci ha lasciato il Maestro Roberto De Simone, il più grande custode della Tradizione Popolare in Campania e non solo. Ricordo le venute a Montemarano, nei primi anni 2000, nel periodo estivo, in particolar modo la domenica, per un periodo era cliente fisso dell’Agriturismo il “Risveglio”, situato nel bosco, il Maestro si rigenerava, lasciando per un po’ la “sua” Napoli. Ricordo, le tante chiacchierate sulla soglia del Museo Etnomusicale. Mi chiamava l’amico Gianni Corso: vieni Gino è arrivato il Maestro, ed io correvo sempre con piacere. Mi piaceva ascoltare il Maestro, i suoi aneddoti degli anni 1970, quando veniva a Carnevale, con la prof.ssa Annabella Rossi e gli studenti dell’Università degli studi di Salerno. Quanti racconti… la rivalità con l’Università “la Sapienza” di Roma, la tensione che si respirava, per arrivare prima a documentare quel Carnevale e quella Tarantella Unica e Infinita. E proprio grazie al Maestro De Simone, uscì nel lontano 1974/75, il documentario: “Carnevale a Montemarano”, primo documento ufficiale del nostro Carnevale, uscito per la RAI di Napoli. E poi tante pubblicazioni, dove riportava l’affetto e le scoperte etnomusicologiche, trovate a Montemarano. Una tra tutte la bellissima pubblicazione, scritta insieme alla prof.ssa Annabella Rossi: “Carnevale si chiamava Vincenzo”, uscita nel lontano 1977 e mai più ri-pubblicata, ancora tra i testi di maggiore importanza culturale e sociale in Campania. Ma le cose fatte dal Maestro, sono immense. Ci lascia una grandissima, e ricchissima Eredità Culturale. Grazie caro MAESTRO”

