Resto basito. Tutti nel Pd irpino sono in cerca dell’unità. Ciascuno, però, vi lavora contro. Per essere più chiaro: De Caro lancia dardi velenosi contro D’Amelio e De Luca. Quest’ultimo, a sua volta, replica duramente e accusa gli altri di essere contrari ad una strategia unitaria del Pd. In soldoni: le divisioni favoriscono i competitors nella conquista dello scranno più alto del Comune di Avellino. Non è certo una novità. Per ben due volte era già accaduto in occasione dell’ elezione del presidente della Provincia. Sebbene, infatti, il Pd avesse la maggioranza per eleggere il presidente, per ben due volte è stato beffato per le divisioni interne. Non so come definire questo atteggiamento, paragonabile al desiderio d’eutanasia. Perchè mi soffermo sullo stato di salute del Pd? Perchè,io penso, esso ha avuto, e ha, la maggiore responsabilità dello stato di crisi che investe la città di Avellino e l’intera provincia. Le divisioni, a mio modesto avviso, non dipendono dalla difficoltà di elaborazione di un comune progetto di rinascita, ma dall’assenza di autonomia decisionale dei gruppi che si contrappongono. Il vertice ha un cancro. Per questo salta ogni mediazione. Un esempio. Il vertice provinciale del Pd è il risultato di una minoranza che ha espresso il segretario Di Guglielmo che, con tutto il rispetto per la persona, risponde alla presidente del Consiglio regionale D’Amelio. Costei a sua volta strizza l’occhio al governatore della Campania De Luca. Il quale è contro De Caro, candidato alla segreteria regionale del partito. Di più. L’ex senatore di Avellino, Enzo De Luca è il solo che ossessivamente sembra perseguire l’unità del partito. Ma è accusato di tessere rapporti con il leader dei Popolari Ciriaco De Mita. E per questo è nel mirino di chi contrasta la leadership del sindaco di Nusco. Il perchè sarebbe lungo qui da spiegare. Potrei continuare all’infinito per dimostrare che l’unità invocata è solo una vuota espressione declamata contro lo stesso Pd. Roba da psicoanalisi. Per superare questa difficoltà, e soprattutto per dare un contributo all’Irpinia, attraversata da una profonda crisi (il licenziamento dei 117 dipendenti della Novolegno sono un ulteriore richiamo alla responsabilità della politica) occorre che il Pd recuperi un ruolo propositivo. Deve saper dimostrare con i fatti che è ancora possibile attivare un processo unitario. Si ponga fine, allora, alla dialettica guerrigliera e stracciona tra i vari gruppi e i loro vertici; si lavori per un progetto identitario, che escluda subalternità verso chi ritiene la città e la provincia terreno di conquista; si ponga in essere una intelligente mediazione, per affrontare e risolvere i problemi della comunità, partendo dai bisogni e finalizzando l’impegno ai traguardi da raggiungere, seguendo una logica delle priorità. E’ possibile farlo se si esce dallo schema rigido delle contrapposizioni. E’ solo, a mio avviso, questione di volontà. Uno strumento per ripartire potrebbe essere una conferenza programmatica aperta anche a quelle forze che responsabilmente ritengono di superare la difficile fase che l’Irpinia attraversa. E, perchè no, tessere future alleanze. Questa iniziativa potrebbe rappresentare un salto di qualità, ma anche l’ occasione per selezionare classe dirigente chiamata a misurarsi su un progetto di ampio respiro. Per fare questo occorre una condizione indispensabile: l’unità sincera e leale del Pd irpino. Il recupero dell’orgoglio perduto e della dignità dispersa. Il ritorno alla responsabilità da parte di chi oggi, purtroppo, nel Pd si divide per bande, tradendo le aspettative di un’intera comunità che non aveva mai conosciuto tali infimi livelli. Penso che così si eviterebbe che speculatori, affaristi e faccendieri possano ancora una volta uccidere la speranza.
di Gianni Festa