La presentazione da parte del governo Draghi del Recovery Plan italiano, entro la scadenza del 30 aprile, è stata salutata , quasi unanimemente, con favore da parte delle forze politiche e dell’opinione pubblica nazionale. Parallelamente a questo diffuso interesse , come sempre accade, non sono mancate le voci del coro dei pessimisti circa la corretta ed efficace realizzazione delle “ riforme” richieste. Dal mio modestissimo angolo di osservazione oso, invece , annoverarmi tra coloro che guardano con fondata fiducia di cui ha parlato il presidente Mattarella, in occasione del 1* maggio, quando ha parlato di tanti “ costruttori” presenti nei vari ambiti operativi del sistema Paese , con dignità, competenza e responsabilità , capaci di dare un nobile volto all’Italia e alle comunità di appartenenza. Saranno proprio le connotazioni rilevate- dignità, competenza e consapevolezza- a prevalere sul pessimismo ingiustificato. Frattanto credo di poter auspicare che, all’interno delle misure da realizzare, sempre sintonizzate al postulato delle riforme, vi sia un serio piano di azione del pilastro sociale , capace di sostenere l’intero sistema economico e sociale del Paese. Pilastro sociale necessario non solo per rispondere ad una domanda di protezione sociale sempre in ascesa, soprattutto per la crisi pandemica, ma anche perché la Commissione europea, lo scorso mese, ha raggiunto un significativo obiettivo sulla complessa materi. In particolare bisogna prendere atto che, dopo quattro anni –vertice di Goteborg del 2017- l’Europa ha realizzato una r sostanziale correzione dei venti principi di protezione sociale in precedenza solo enunciati ma mai strutturati concretamente con una chiarezza che non lascia dubbi circa la positiva determinazione di raggiungere i traguardi necessari. La chiave di fondo del piano restava quella della ottimizzazione del lavoro attraverso l’ impegno specifico dell’equità. Il presupposto per realizzare questo passaggio- fondamento di scelte successive, come il piano Next Generation Eu- era l’idea che l’inclusione, la lotta alle disuguaglianze e alle povertà, il contrasto al trascinamento intergenerazionale dello svantaggio, fossero valori fondamentali dello stile di vita europeo. L’attuale piano di azione ha individuato tre obiettivi principali per i Paesi dell’Unione europea, da conseguire entro i prossimi 10 anni. Il 2030 è il termine fissato per raggiungere tre traguardi:1) almeno il 78% della popolazione di età compresa tra i 20 e i 64 anni, abbia un lavoro;2) almeno il 60% degli adulti partecipi ogni anno a percorsi di formazione; 3) il numero di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale diminuisca di almeno 15 milioni. La concretezza e la netta individuazione degli obiettivi prefissati non lascia spazi a dubbi interpretativi. Va subito evidenziato che il concreto raggiungimento degli obiettivi individuati è indispensabile per accedere agli strumenti finanziari previsti , incluse le risorse del Recovery and Resilience Facility ( quelli che in Italia alimentano il Pnrr) . Questo quadro innovativo chiaro dovrebbe orientare le scelte programmatiche, la loro realizzazione in itinere e lo stesso dibattito sociopolitico italiano, da oltre 30 anni – purtroppo- farcito solo da discorsi demagogici da perenne campagna elettorale. Durante questo mese a Porto, la presidenza portoghese del Consiglio dell’Unione Europea organizza un vertice sulle modalità attuative per rafforzare la dimensione sociale dell’Europa, mobilitando le forze necessarie a sostegno del pilastro sociale:E’ auspicabile che la rappresenta istituzionale italiana si presenti con idee chiare, credibili e concrete.
di Gerardo Salvatore