Avrebbero utilizzato schede sim e cellulari all’interno del carcere di Bologna, dove si trovavano ristretti, ricevendo ed effettuando chiamate direttamente dalle celle. Il sostituto procuratore Roberto Cerrone, dopo aver concluso le indagini, ha avanzato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di cinquanta persone all’epoca dei fatti detenute nell’istituto penitenziario del capoluogo emiliano.
Sono oltre 150 i telefonini sequestrati in 2 anni nel carcere della Dozza, e quasi il doppio le schede telefoniche scoperte, assieme a decine di caricabatterie, durante le perquisizioni. La Procura ha chiuso l’inchiesta sui cellulari introdotti illegalmente con un’indagine, coordinata dal PM Roberto Ceroni e condotta dalla Mobile e dal Nucleo investigativo della polizia penitenziaria.
Sono cinquanta le persone indagate, tra cui 48 detenuti, il padre di uno di loro e un’avvocata si è prestata a introdurre gli apparecchi durante i colloqui con i propri assistiti. Le accuse sono mosse a boss calabresi, campani e pugliesi, a capi di organizzazioni albanesi, romene e magrebine, molti dei quali rinchiusi nel settore alta sicurezza, riservato ai soggetti più pericolosi. Tra gli indagati c’è anche un 40enne irpino ristretto nel carcere emiliano e componente del clan Partenio ritenuto tra le figure chiave dell’usura e condannato a luglio proprio per la partecipazione all’organizzazione criminale.