Pochi spiragli per il rilancio di ArcelorMittal, fumata nera dalla Prefettura sul futuro dei 70 lavoratori. Le speranze e gli auspici della vigilia si sono infranti contro il muro dell’azienda che stamane, nel corso del confronto promosso dal Prefetto Rossana Riflesso, ha confermato la proceduta di licenziamento collettivo e ribadito che lo stabilimento di Luogosano chiuderà i battenti entro il prossimo 31 luglio.
Dopo il vertice dell’altro giorno in Confindustria, i segretari di Fim, Fiom e Uilm si erano presentati al tavolo di questa mattina con qualche speranza in più, forti anche del sostegno di sindaci, amministratori e consiglieri regionali. Niente da fare: la direzione aziendale ha confermato quanto annunciato nelle settimane scorse, chiudendo di fatto alle richieste del sindacato che sperava, una volta ritirati i licenziamenti, di avere più a tempo a disposizione per lavorare con un minimo di serenità a eventuali soluzioni alternative.
Ora, invece, il tempo diventa il principale nemico di una vertenza tutta in salita. L’assessore regionale alle Attività Produttive, Antonio Marchiello, ha già dato la sua disponibilità a convocare un tavolo a Napoli, con l’obiettivo di iniziare a sondare il terreno alla ricerca di nuovi imprenditori del settore interessati ad investire in Irpinia ed a rilevare lo stabilimento dell’area industriale di San Mango sul Calore, specializzato nella trasformazione di acciaio zincato in preverniciato per il mercato delle costruzioni ed elettrodomestico. In questa direzione diventa fondamentale anche l’apertura di un tavolo di crisi ministeriale.
Non sarà un’operazione semplice, anche perché la decisione di disinvestire, come sottolineato anche oggi dall’azienda, è legata a filo doppio alla difficile congiuntura che vive il mercato siderurgico, penalizzato da una generalizzata sovracapacità produttiva, dai significativi volumi importati in Europa e, tra gli altri, anche dall’elevato costo dell’energia, oltre che da una contrazione della domanda. Lo stabilimento irpino, sempre a detta dei vertici della multinazionale indiana, pagherebbe anche la posizione geografica non favorevole, e quindi la notevole incidenza dei costi di trasporto e di spedizione. L’azienda ha dato una sua disponibilità di massima a valutare eventuali offerte, ma ha lasciato intuire che non cederà a condizioni non onerose, come pure sperato da sindacato e lavoratori.